Con
scisma
tricapitolino
o
scisma dei tre capitoli
si indica una divisione all'interno della
Chiesa
avvenuta tra i secoli
VI
e
VII
, quando un folto gruppo di
vescovi
, per lo piu occidentali, interruppe le relazioni con gli altri vescovi e con il
papa
, rifiutando le decisioni del
Concilio di Costantinopoli II
del
553
. La separazione duro circa un secolo e mezzo ed interesso un vasto territorio, comprendente
Italia del Nord
,
Dalmazia
,
Illirico
e
Africa Settentrionale
.
Il
Concilio di Calcedonia
(
451
) sembrava aver posto fine ad innumerevoli controversie, scoppiate nei secoli precedenti, sulla
natura di Cristo
. Calcedonia decreto che Gesu Cristo aveva, nella sua unica persona, due nature: umana e divina, inseparabilmente unite. Il concilio condanno inoltre il
monofisismo
di
Eutiche
(Eutiche, in reazione al
nestorianesimo
, affermava che Cristo aveva una sola natura: quella divina), cosi come le tesi di
Dioscoro d'Alessandria
, che professava un monofisismo attenuato, il
miafisismo
. Quest'ultima dottrina, invero, si era radicata in
Egitto
, da dove si era diffusa ampiamente anche in
Siria
e in
Palestina
. Alla meta del
VI secolo
le Chiese di Alessandria e di Antiochia, entrambe sedi apostoliche, si professavano monofisite.
Anatemizzazione di Nestorio al
terzo Concilio Ecumenico
, affresco di
Dionisij
. 1502
Deciso a riconciliare le Chiese d'Oriente e d'Occidente, sulla base dei principi cristiani comuni approvati al Concilio di Calcedonia, l'
imperatore romano
Giustiniano I
(
527
-
565
) era preso tra due fuochi: se condannava il
monofisismo
accontentava l'Occidente (che reclamava provvedimenti contro i monofisiti), ma si metteva contro l'Oriente (dove il monofisismo era molto diffuso), nonche contro sua moglie
Teodora
, simpatizzante del monofisismo.
L'imperatore decise di condannare tre teologi del passato, assertori di teorie
diofisite
sospettate di
nestorianesimo
, che a Calcedonia avevano goduto di grande autorevolezza.
[1]
Prima di prendere la sua decisione, ascolto i consigli dei discepoli di
Origene Adamanzio
, molto influenti a corte e nettamente ostili agli scritti di Teodoro di Mopsuestia. L'imperatore decise di non condannare il monofisismo, bensi i nestoriani, detestati tanto dai calcedoniani quanto dai monofisiti. I nestoriani, inoltre, dopo il concilio di Calcedonia (e l'
anatema
di cui erano stati i destinatari) si erano trasferiti in massa nell'
Impero persiano
(per la precisione in
Mesopotamia
), da dove non potevano nuocere all'
impero romano d'Oriente
.
Pertanto, con un editto imperiale proclamato nel
543
-
544
, Giustiniano condanno come
eretici
:
Questi scritti, raccolti appunto in tre "capitoli" (in
greco bizantino
τρ?α κεφ?λαια,
tria kephalea
), furono considerati di tendenza nestoriana poiche negavano valore al termine
Theotokos
e sembravano eccessivi nella difesa della duplice natura di Cristo. Teodoro, inoltre, era considerato il maestro di
Nestorio
e - a giudizio dell'editto di Giustiniano - nei suoi scritti tendeva semplicemente ad accostare le due nature di Cristo, senza spiegare in maniera soddisfacente come potessero coesistere nella stessa persona. Teodoreto e Iba, da parte loro, avevano condiviso l'anatema contro Nestorio e per questo erano stati riammessi alle loro cattedre con provvedimento del Concilio di Calcedonia: per questo motivo Giustiniano evito di condannarli
in toto
. Oltretutto i tre vescovi, nonche esponenti importanti della scuola teologica di Antiochia, erano morti da tempo.
La confutazione dei "Tre Capitoli" era stata preparata da
Teodoro Askida
, vescovo di
Cesarea in Cappadocia
. Il vescovo africano
Facondo di Ermiane
, contrario alla condanna, pubblico la
Difesa dei Tre Capitoli
esponendo in modo circostanziato i motivi della sua contrarieta. Giustiniano convoco allora un concilio ecumenico, il
secondo concilio di Costantinopoli
, aperto il 5 maggio
553
, in modo che l'assemblea dei vescovi recepisse l'editto e conferisse alla condanna dei tre teologi un valore ancora maggiore.
Gran parte dei
patriarchi
e vescovi orientali accetto la cosa senza grandi reazioni. Piu difficile fu ottenere l'assenso dei vescovi occidentali e del papa,
Vigilio
. Il pontefice era gia stato minacciato e prelevato a forza il 22 novembre 545 per aver rifiutato la condanna del 544. Giunse a Costantinopoli solo all'inizio del 547, dopo una sosta in Sicilia
[2]
, accompagnato dal suo consigliere, l'
arcivescovo di Milano
Dazio
. Vigilio e Dazio, nel dicembre 551, dovettero rifugiarsi nella
Chiesa di Sant'Eufemia
a
Calcedonia
. L'8 dicembre
553
[3]
, dopo aver resistito per quanto gli fu possibile, il papa firmo la condanna dei Tre Capitoli.
Pelagio I
Molti vescovi dell'Italia Settentrionale, della
Gallia
, del
Norico
e dell'
Africa Settentrionale
(che scomunicarono papa Vigilio)
[4]
non accettarono l'imposizione del concilio voluto da Giustiniano, anche perche gia durante il concilio di Calcedonia, nel
451
, i teologi antiocheni erano stati riammessi nelle loro sedi e la vicenda doveva essere chiusa. Pertanto, questi vescovi non si considerarono piu in comunione con gli altri vescovi che avevano accettato supinamente la decisione imperiale. Tra questi "ribelli" all'autorita imperiale e conciliare c'erano i vescovi
Ausano
e
Macedonio
, a capo rispettivamente delle
province ecclesiastiche
di
Milano
e di
Aquileia
.
Il loro dissenso si acui ulteriormente ai tempi del successore di Vigilio,
papa Pelagio I
(556-561), il quale, dopo tentativi di chiarimento e persuasione, invito
Narsete
, il generale bizantino che governava l'Italia con pieni poteri, a ridurre lo scisma con la forza, ma egli non acconsenti.
Nel
568
i
Longobardi
, originari della
Pannonia
, irruppero a sud delle Alpi. L'Italia settentrionale si ritrovo politicamente divisa in due: i territori occupati dai Longobardi e quelli che restavano direttamente controllati dall'
Impero bizantino
. Questo fatto favori in larga parte la ricomposizione dello scisma, soprattutto a
Milano
e nelle diocesi suffraganee alla
sede ambrosiana
. L'arcivescovo di Milano
Onorato
, per esempio, quando la citta venne occupata dai Longobardi, si rifugio a
Genova
(citta bizantina) insieme con il suo clero,
[5]
e per potersi inserire in una rete di protezione piu sicura apri rapidamente delle trattative per tornare in comunione con la
Sede Apostolica
e con l'
imperatore
. A questo fine l'arcivescovo
Lorenzo II
, secondo successore di Onorato, riallaccio i contatti con Roma e sottoscrisse una formale
professione di fede
(circa 573).
Piu complessa, invece, fu la situazione nel Nord-est della penisola. I Longobardi, infatti, che allora si riconoscevano nel
cristianesimo ariano
, favorirono la divisione del
Patriarcato di Aquileia
in due sedi: i vescovi fedeli a Roma ed a Costantinopoli elessero un patriarca che fisso la propria sede a
Grado
, mentre quelli che sostenevano il patriarcato "tricapitolino" mantennero la sede ad
Aquileia
. Ad istituire questo regime di protezione nei confronti dei tricapitolini fu il
duca longobardo
Gisulfo II del Friuli
(ariano); la difesa delle posizioni tricapitoline fu molto forte da parte della Chiesa di Aquileia, che aveva giurisdizione su una vasta parte dell'Italia nord-orientale e che divenne punto di riferimento per quelle
Chiese locali
che non avevano alcuna intenzione di riconciliarsi con la
sede apostolica
(in questo periodo, per esempio, la
diocesi di Como
cesso di considerarsi suffraganea di Milano, e riconobbe il proprio
metropolita
nel patriarca di Aquileia, adottando anche il
rito patriarchino
).
Lo scisma tricapitolino si sarebbe risolto soltanto nel
698
-
699
, quando si ricompose l'unita con il papa di Roma dopo che il re longobardo
Cuniperto
(ortodosso) ebbe sconfitto il duca
Alachis
(ariano). Nel 699, infatti, Cuniperto organizzo un sinodo a
Pavia
, allora capitale del
regno longobardo
, all'interno del
palazzo Reale
, nel quale, grazie alla mediazione del vescovo
Damiano
, l'Italia centro-settentrionale fu ricondotta all'ortodossia romana
[6]
[7]
. Fino ad allora, nei 130 anni dall'arrivo dei Longobardi nella penisola italica, nessun vescovo suffraganeo di Aquileia aveva tentato di ricomporre lo scisma, ne alcun re o duca longobardo lo aveva indotto a farlo.
Anche se il vescovo di Aquileia - la citta era caduta sotto il regno longobardo -
Paolino I
trasferi la sede della Chiesa di Aquileia e le reliquie nella citta di
Grado
(l'
Aquileia Nova
), rimasta sotto il controllo bizantino, la sua Chiesa rimase di fede tricapitolina e autocefala; Paolino fu nominato dai suoi suffraganei
patriarca
per sottolineare questa autonomia da Roma.
Dopo la sua morte e quella del patriarca
Probino
, il
sinodo
di Aquileia-Grado elesse nel
571
Elia
, anch'egli tricapitolino, a vescovo e patriarca. Nel
579
papa Pelagio II
concesse al patriarca Elia la dignita metropolitana sulla
Venezia
e sull'
Istria
, per avvicinare la composizione dello scisma. La cosa non gli riusci, anzi Elia convoco nello stesso anno un sinodo a Grado, in occasione della solenne consacrazione della
basilica patriarcale di Sant'Eufemia
(intitolazione che richiamava polemicamente la martire onorata a
Calcedonia
, nella cui basilica si era celebrato il IV Concilio ecumenico); a Grado fu allora trasferito definitivamente il patriarcato
[8]
.
Nel
sinodo di Grado
venne ribadita la fede inconcussa al
concilio di Calcedonia
del 451 e ai tre precedenti concili ecumenici, in coerenza con le decisioni prese a suo tempo del precedente patriarca Paolino nel 557. Dai nomi dei vescovi presenti si osserva che essi rappresentavano tutte le regioni che facevano capo alla Chiesa di Aquileia: la Raetia seconda, il Norico, la Pannonia, oltre che il Friuli, l'Istria e le Venezie.
Questa Chiesa rimaneva decisamente scismatica tricapitolina e rigorosamente calcedoniana: manteneva il
credo niceno-costantinopolitano
, non professava alcuna eresia cristologica (anzi era decisamente anti-
monofisita
e anti-
monotelita
) e venerava Maria "madre di Dio" a differenza dei
Nestoriani
. Essa non riconosceva piu l'autorita del papa e anche negli anni seguenti contesto vigorosamente, fino alla rottura, l'atteggiamento che riteneva ondivago del papato nella questione dei tre teologi condannati, in quanto, secondo essa, non contrastava adeguatamente l'ingerenza del potere dell'imperatore bizantino nelle questioni dottrinarie.
Morto Elia, nel
586
venne eletto il patriarca
Severo
. Due anni dopo fu arrestato insieme a tre vescovi suffraganei, portato a
Ravenna
dall'
esarca
bizantino
Smaragdo
e costretto a sottomettersi all'autorita della Santa Sede
[9]
. Quando, un anno piu tardi, Severo e gli altri rientrarono a Grado, trovarono grande ostilita nel popolo e negli altri vescovi suffraganei, che non vollero riceverli finche non avessero ritrattato l'abiura.
Severo percio indisse nel
590
un altro sinodo a
Marano
, i cui atti andarono perduti, ma e importante la fonte di Paolo Diacono che riporta i nomi dei vescovi intervenuti
[10]
:
Al sinodo di Marano il patriarca Severo dichiaro che l'abiura ai Tre Capitoli, a Ravenna, gli era stata estorta con la forza e che intendeva perseverare nella posizione tricapitolina in separazione da Roma.
Nel
606
, alla morte di Severo, l'esarca bizantino
Smaragdo
impose come suo successore
Candidiano
, in comunione con il papa e con l'imperatore
[11]
. I vescovi delle citta longobarde si riunirono tra loro ed elessero invece
Giovanni
. Questi dichiaro la propria fedelta ai
Tre Capitoli
e al duca del Friuli
Gisulfo II
: quindi tutte le diocesi in territorio longobardo rimasero scismatiche. Si ebbero due patriarchi (Candidiano a Grado, Giovanni ad Aquileia), per uno scisma che duro centocinquant'anni.
Altre chiese occidentali, invece, furono piu malleabili: in seguito alla lettera scritta da
papa Pelagio II
(579-590), che voleva risolvere i malintesi sulla questione intercorsi con quelle orientali, anche a causa della diversita della lingua, accettarono la dottrina enunciata al
Concilio di Costantinopoli II
[3]
.
L'arcidiocesi di Milano, che inizialmente faceva parte del gruppo che aveva rifiutato con sdegno la condanna dei tre teologi antiocheni, torno abbastanza presto in comunione con l'ortodossia romana e greco-orientale: l'arcivescovo
Onorato
, incalzato dall'invasione longobarda intorno all'anno
570
, si trasferi con il clero maggiore a
Genova
(ancora citta bizantina) e rientro in piena comunione con Roma e con Bisanzio, con il vescovo
Lorenzo II
. Il clero minore milanese (decumano), rimasto sul territorio diocesano, che dal
568
era sotto la dominazione longobarda, rimase prevalentemente tricapitolino ancora per diversi anni, fino al rientro nella sede milanese del vescovo Giovanni Bono.
La
diocesi di Como
, il cui vescovo
sant'Abbondio
aveva avuto un ruolo diplomatico importante proprio durante la preparazione del concilio di Calcedonia, recise il rapporto di dipendenza dall'arcidiocesi di Milano e Como divenne suffraganea di Aquileia, rimasta scismatica. La diocesi comense venera ancora oggi, con il titolo di santo, un vescovo,
Agrippino
(vescovo dal
607
al
617
), che si mantenne in modo intransigente su posizioni scismatiche in opposizione anche alla sede romana.
I fatti che condussero alla completa conclusione dello scisma furono pero determinati dalle lotte di potere tra i clan longobardi. Nella definitiva
battaglia di Coronate
(oggi
Cornate d'Adda
), avvenuta nel
689
, il re
Cuniperto
, ortodosso, sbaraglio il duca
Alachis
,
ariano
, che capeggiava un fronte d'insorti dell'
Austria longobarda
(l'Italia nord-orientale), tra i quali c'erano anche molti aderenti allo scisma tricapitolino. Con la vittoria di Coronate, la componente in comunione con Roma si impose definitivamente non solo sui Longobardi, che si professavano ariani, ma anche sui dissidenti, che ancora restavano fedeli allo scisma dei Tre Capitoli.
Il consolidamento anche nell'Italia settentrionale, dopo che nel resto dell'
Europa
, di un cristianesimo saldamente unito alla sede romana fu propiziato dall'opera missionaria dell'abate irlandese
san Colombano
, fondatore nel
614
dell'
abbazia di San Colombano
a
Bobbio
, territorio donatogli dai sovrani longobardi
Agilulfo
e
Teodolinda
; Colombano riprese il simbolo del
trifoglio
, gia utilizzato anche da
san Patrizio
, per descrivere la
Trinita
, ma anche per contribuire al dialogo fra i territori extra-bizantini ed il papato di
Gregorio I
e successori.
Nel
698
Cuniperto convoco un sinodo a
Pavia
, presieduto dal vescovo
Damiano di Pavia
, in cui i vescovi uniti a Roma e i vescovi tricapitolini, tra cui
Pietro I
,
Patriarca di Aquileia
, ricomposero "nello spirito di Calcedonia" la loro comunione dottrinaria e gerarchica.
- ^
Giovanni Tabacco, Grado G. Merlo,
Medioevo V-XV secolo
, Il Mulino, Bologna 1989
- ^
Giorgio Ravegnani
Giustiniano
, p. 85, Lisciani & Giunti Editori, 1993.
- ^
a
b
Previtali, 1991
, p. 24
.
- ^
Tre Capitoli su Treccani.it
- ^
Naturalmente non tutto il clero milanese fuggi a Genova, e anzi a Milano giunsero, in aiuto al clero locale rimasto, dei missionari
siri
e
greci
. Si inauguro cosi un periodo di dualismo nel
clero
milanese.
≪L'
ordine
maggiore, a Genova, resto nell'
ortodossia
subendo influssi bizantini e romani e praticando forse la vita in comune. Alla comunita scismatica di Milano, sede
ducale
, il papa invia missionari, per lo piu siri e greci, che con i sacerdoti rimasti sono all'origine del clero decumano. Ne consegue l'introduzione di usante orientali nella liturgia, nella disciplina (non osservanza del celibato per i presbiteri) e nelle devozioni
mariane
. [...] Con il ritorno in sede del metropolita
Giovanni il Buono
(
649
) [...] vengono a convivere, non sempre pacificamente, due
ordini clericali
: il
maior
e il
minor
. Il primo, reduce da Genova, e costituito dai
cardinales
(termine apparso nel
787
) od
ordinarii
, officianti dapprima le
basiliche piu venerate
("matrici"), poi dal
IX secolo
solo la
cattedrale
, e dalle cui file proviene spesso l'arcivescovo. Il secondo e composto dai
decumani
(denominazione dell'
864
) o
peregrini
, addetti alla
cura pastorale
(analogamente alle contemporanee
diaconie
caritative romane) e diretti da un
primicerius
, detto anche
coepiscopus
(forse per le sue funzioni di supplenza svolte durante l'esilio del vescovo). [...] La distinzione fra i due ordini, rilevante fino al
XIII secolo
, va via via estinguendosi, lasciando tracce nella liturgia, fino a scomparire col decreto di soppressione dei decumani, sollecitato da
Carlo Borromeo
e promulgato da
Pio V
(
1569
).≫
- ^
Piero Majocchi,
Agiografia e potere: culto dei santi e rivendicazioni politiche a Pavia nel medioevo (secoli VI-XV)
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Agiografia e potere: culto dei santi e rivendicazioni politiche a Pavia nel medioevo (secoli VI-XV), in Santi, santita e agiografie nell’Italia settentrionale. Percorsi letterari e storico-artistici tra Medioevo e eta moderna, a cura di Simone Albonico e Nicolas Bock, Pisa, Ets, 2017,, pp. 17-36.
, 1º gennaio 2017.
URL consultato il 7 dicembre 2022
.
- ^
Giorgia Vocino,
La leggenda dimenticata dei santi Siro e Ivenzio vescovi di Pavia. L'Ymnus sanctorum Syri et Hiventii (BHL 7977b)
.
URL consultato il 7 dicembre 2022
.
- ^
Previtali, 1991
, p. 25
.
- ^
"Poco dopo la sua elezione a patriarca, arrivo da Ravenna il patrizio Smaragdo che lo trascino fuori della basilica con le sue stesse mani e lo porto con la forza a Ravenna con tre vescovi, probabilmente convocati per la solenne consacrazione", tratto da Paolo Diacono,
Historia Langobardorum
, III, 26.
- ^
G. Waitz,
Pauli Historia Langobardorum
, in
Monumenta Germaniae Historica
, p. 107 n. 2
- ^
Ludovico Antonio Muratori
: l'esarca Smaragdo, in accordo con il papa Bonifacio IV e con l'imperatore Foca, porto con la forza a Ravenna tutti i vescovi presenti per l'elezione e impose Candidiano come nuovo patriarca.
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- Teodoreto di Ciro
dal
Dizionario del pensiero cristiano alternativo
- Teodoro di Mopsuestia
dal
Dizionario del pensiero cristiano alternativo
- Iba - vescovo di Edessa
dal
Dizionario del pensiero cristiano alternativo
- Lo Scisma dei tre capitoli e le sue ripercussioni sul territorio comacino
di Marco Lazzati, studioso di archeologia, storia ed arte