Il
SIAI-Marchetti S.M.79
Sparviero
era un trimotore ad
ala bassa
multiruolo, inizialmente progettato come aereo da trasporto civile veloce. Negli anni 1937-39 stabili 26 record mondiali e fu - per un certo periodo - il piu veloce
bombardiere medio
del mondo.
[2]
Costruito in legno, tela e metallo, si riconosceva per la tipica "gobba" dietro l'abitacolo, che ospitava la mitragliatrice da 12,7 e il relativo armiere.
La presenza di tale gobba ha creato nella pubblicistica italiana il mito del nomignolo "gobbo maledetto", definito come usato dai piloti della
RAF
ma che ancora oggi non risulta debitamente asseverato da nessun documento italiano o inglese degli anni del conflitto, nomignolo che tuttavia viene acriticamente ripreso in alcune pubblicazioni.
[3]
[4]
Fu impiegato per la prima volta nella
guerra civile spagnola
nelle file dell'
Aviazione Legionaria italiana
.
La
Regia Aeronautica
lo impiego durante la
seconda guerra mondiale
in tutto il teatro del Mediterraneo, prima come bombardiere (ruolo per il quale venne progressivamente sostituito dal
CR.D.A.
Cant.Z.1007 bis
) e poi come trasporto veloce di passeggeri; in mancanza di un valido velivolo espressamente concepito per il ruolo, la Regia Aeronautica fu costretta ad impiegare lo Sparviero anche come
aerosilurante
.
[5]
L'
aeronautica romena (FARR)
, dove fu costruito anche su licenza in una versione bimotore, lo impiego con successo sul fronte orientale. L'S.M.79 resto in servizio, in Italia, fino al 1950 e fu uno dei velivoli italiani costruiti nel maggior numero (circa 1.300) di esemplari.
[6]
Bombardiere Savoia-Marchetti S.M.79 (132º Gruppo, 278ª Squadriglia)
Nel
1920
la
SIAI (Societa Idrovolanti Alta Italia)
acquisi la
Societa Anonima Costruzioni Aeronautiche Savoia
. Negli anni seguenti i velivoli prodotti erano conosciuti come "SIAI-Savoia" e designati con la sigla
S
. Negli
anni trenta
in Italia, come gia in
Germania
e altre nazioni, si associo il nome del progettista a quello del velivolo, cosi fu menzionato il nome dell'ingegner
Alessandro Marchetti
(che divento nel
1922
capo progettista della SIAI-Savoia), modificando la sigla in S.M. (SIAI Marchetti). Pertanto e corretto citarlo sia come S.79 sia come S.M.79.
Avendo pero raggiunto la massima notorieta e produzione nel periodo bellico, e ricordato per lo piu con la sigla "S.M.79" o con il nome "Sparviero", attribuitogli ufficialmente dallo Stato Maggiore della Regia Aeronautica con disposizione dell'11 ottobre 1940
"nell'intento di interessare maggiormente il pubblico andamento della guerra aerea e di meglio orientarlo sui tipi dei velivoli piu comunemente usati"
.
Il progetto S.79 ha scritto una lunga pagina dell'aeronautica italiana, sia militare, sia civile.
Nacque nel
1934
, su progetto dell'ingegner Alessandro Marchetti, come
aereo da trasporto
con la possibilita di ospitare anche otto passeggeri (versione
S.79P
).
Il primo apparecchio (
prototipo
civile) usci dallo stabilimento SIAI-Marchetti di
Sesto Calende
il 28 settembre
1934
,
immatricolato con marche civili
I-MAGO, e compi il primo volo l'8 ottobre 1934 ai comandi del
pilota collaudatore
dell'azienda
Adriano Bacula
[7]
.
Dotato di
motori radiali
Piaggio
, in seguito sostituiti da tre motori
Alfa Romeo
, gli AR 125 RC.35, dimostro subito buone doti, anche di velocita. Le caratteristiche di volo pero, secondo il generale
Francesco Pricolo
che aveva pilotato l'S.79 per due anni, non erano sempre positive, poiche il velivolo ≪da solo avrebbe conseguito una decina di primati≫, ma ≪in aria appena agitata non consentiva che si lasciasse il suo volante neppure per un attimo≫
[8]
.
Il SIAI-Marchetti fu un bombardiere molto importante durante la seconda guerra mondiale e uno dei pochissimi aerei italiani ad essere prodotto in quantita considerevoli.
[9]
La produzione dal 1936 continuo fino 1943, per un totale di 1.217 velivoli
[10]
.
In 20 anni l'apparecchio fu piu volte trasformato e adattato a vari impieghi; i dati tecnici sotto riportati si riferiscono alla versione piu comune quale bombardiere e ricognitore a lunga distanza come risultano dai manuali ufficiali del
Ministero dell'aeronautica
del 1939.
L'
S.M.79
era un trimotore monoplano ad ala bassa a sbalzo, con carrello di atterraggio retrattile. La costruzione era di tipo misto, in metallo, legno e tela. La
fusoliera
era un traliccio di tubi d'acciaio, nella parte anteriore rivestiti di lamiera in
lega leggera
, nella sezione dorsale rivestiti di lamiera e
compensato
, mentre ai fianchi erano rivestiti in tela. Le
semiali
, dotate di
dispositivi di ipersostentazione
sia sul
bordo d'attacco
che su
quello d'uscita
, erano di profilo biconvesso con struttura a tre
longheroni
interamente in legno, come gli
alettoni
, con centinatura in listelli di
pioppo
rivestiti in
compensato
telato
. Il velivolo era multiposto a doppio comando. L'equipaggio era costituito da due piloti, un motorista, un operatore radio e armieri, puntatore, osservatore e/o fotografo nelle missioni di ricognizione. La
cabina di pilotaggio
era dotata di due pannelli rimovibili nella parte superiore del tettuccio, per consentire ai piloti il lancio con il
paracadute
o l'abbandono in caso di
ammaraggio
.
Un S.M.79 costretto ad un ammaraggio. Il tettuccio aperto per consentire l'uscita dell'equipaggio si vede male.
La motorizzazione adottata consisteva in 3
motori
radiali
Alfa Romeo 126 RC.34
dalla potenza omologata di 750
CV
a 2 300
giri/min
alla quota di 3 400
m
(effettiva di 780 CV). Ogni motore azionava un'
elica
traente tripala metallica della Savoia-Marchetti, caratterizzata da due assetti di passo, variabili mediante comando idraulico. Normalmente l'avviamento avveniva tramite un compressore esterno, ma l'apparecchio era dotato anche di un motocompressore da 180 atmosfere.
Prima del decollo si mantenevano in moto i tre motori per alcuni minuti a 1500/1600 giri, evitando di tenerli al massimo per evitare surriscaldamenti o eccessivo sforzo dei freni. Il decollo avveniva con i motori a 2050 giri dopo una corsa di decollo relativamente breve, considerata la massa del velivolo, di circa 300 m Gli ipersostentatori rientravano automaticamente a circa 210 km/h, cosi come cominciavano ad estendersi al di sotto di questa velocita per l'atterraggio e con i motori al minimo. L'avvicinamento in fase di atterraggio avveniva di norma a 170 km/h e gli ipersostentatori erano completamente estesi a 145 km/h. Dal momento in cui toccava il suolo, quasi sempre su erba o terra, richiedeva una corsa di circa 200 m per arrestarsi.
La
benzina
era ripartita in 8 serbatoi principali della capacita complessiva di 2 500
litri
ed in due serbatoi ausiliari da 410 litri ciascuno, per un totale di 3 320 litri. I serbatoi erano del tipo
autosigillante
, protetti con rivestimento di sicurezza in S.E.M.A.P.E., un sistema di protezione consistente in spugna di gomma compressa da una fasciatura in tessuto. L'
alimentazione
dei
carburatori
era data da tre
pompe meccaniche
montate sui motori o, in caso di avaria, da tre pompe ausiliarie azionabili a mano.
Il
carrello d'atterraggio
, dotato di
ammortizzatori oleopneumatici
, era del tipo classico retrattile nelle gondole dietro ai motori alari e ruotino d'appoggio fisso posizionato in coda. Per evitare che per distrazione il pilota potesse atterrare con il carrello rientrato, oltre all'indicatore di posizione un doppio allarme visivo ed acustico entrava in funzione quando le manette erano portate in posizione di rilento.
Una bomba da 250 kg, calibro massimo consentito per la stiva dell'S.M.79.
L'armamento offensivo era costituito da un carico normale di 1 000
kg
e massimo di 1 250 kg di bombe di vario tipo, quello difensivo da tre
mitragliatrici Breda-SAFAT
cal.
12,7 mm dotate di
caricatori a nastro
a maglie metalliche scomponibili da 350 o 500 colpi per arma. Una era fissa in caccia, montata superiormente alla cabina di pilotaggio e sparava al di sopra del disco dell'elica del motore centrale. Era comandata dal primo pilota, a sinistra, tramite un pulsante sul volantino sul quale era posizionato anche il bottone che azionava il comando elettromagnetico di sicura o fuoco. Per la mira, un
collimatore
rialzabile, fissato all'interno della cabina, andava allineato ad un mirino fisso sul muso della fusoliera.
S.M.79 della 193ª Squadriglia in volo sul
Mediterraneo
. In questa configurazione si notano le quattro mitragliatrici, frontale, dorsale, laterale e ventrale
Le altre due erano brandeggiabili, una in posizione ventrale e una dorsale, nella "gobba", per la difesa di coda.
Queste tre mitragliatrici funzionavano con un sistema di riarmo pneumatico che sfruttava il motocompressore dell'avviamento. Dalla bombola dell'aria compressa vi era una derivazione in tubo d'alluminio dotata di rubinetto e a valle di questo si dipartivano tre tubazioni flessibili, una per ogni arma; con questo sistema per riarmare una mitragliatrice era sufficiente un leggero sforzo sulla leva di riarmo. Una quarta
mitragliatrice Lewis
da 7,7 mm con 500 colpi era utilizzata per far fuoco attraverso due appositi sportelli situati sulle fiancate della fusoliera. Talvolta ne veniva caricata una seconda per proteggere contemporaneamente i lati.
Il prototipo fu completato troppo tardi per partecipare alla gara Londra-Melbourne nell'ottobre del 1934, ma volo da Milano a Roma in appena un'ora e 10 minuti, alla velocita media di 410 km/h. Poco dopo, nell'agosto del 1935, il prototipo stabili un record volando da Roma a Massaua (Eritrea) in 12 ore (con una sosta di rifornimento a Il Cairo). Con le insegne della
Regia Aeronautica
, nella versione
S.79CS
, detta "Corsa", alleggerito delle dotazioni militari, partecipo a competizioni internazionali e a voli da primato. Con motori
Piaggio P.XI
da 1 000
CV
. conquisto nel
1937
il primato mondiale su circuito chiuso di 2 000 km ottenendo la media di 428
km/h
e toccando la velocita massima di 444 km/h.
Distintivo della 205ª Squadriglia Bombardamento Terrestre della Regia Aeronautica su S.M.79, i
Sorci Verdi
.
Nello stesso anno, con la squadriglia detta "
Sorci Verdi
" della quale faceva parte anche il figlio di
Benito Mussolini
,
Bruno
, partecipo alla gara
Istres
-
Damasco
-
Parigi
, ottenendo il primo, secondo e terzo posto. Gli equipaggi erano, rispettivamente: 1) S. Cupini, A. Paradisi; 2) U. Fiori, G. Lucchini; 3) A. Biseo, B. Mussolini
[11]
.
Un richiamo a questa impresa fu il distintivo adottato dalla 205ª Squadriglia basata su questo velivolo. Va detto pero che, confrontando le prestazioni con velivoli contemporanei, il francese
Liore-et-Olivier LeO 451
raggiungeva i 495 km/h, mentre il
Bristol Blenheim
inglese raggiungeva i 470 km/h, il che non rendeva l'S.M.79 una macchina di riferimento dal punto di vista tecnologico.
Tra i record conquistati dall'S.M.79 figurano:
- 1937: 1000 km con carico di 5000 kg alla media di 402 km/h,guidato da G.B. Lucchini e A. Tivegna
[11]
- Nel gennaio
1938
tre di questi apparecchi, nella versione
S.79T
"Transatlantico", compirono la trasvolata dimostrativa
Guidonia
-
Dakar
-
Rio de Janeiro
, arrivando a
Rio de Janeiro
in 24,20 ore alla media di 393 km/h. Equipaggio: A. Biseo, B. Mussolini e A. Moscatelli. I primi due velivoli completarono la traversata senza problemi, e il terzo (Moscatelli) atterro a
Natal
per un'avaria ad un'elica, trasvolando l'Atlantico con due soli motori
[11]
. Il velivolo di Bruno Mussolini aveva la sigla I-BRUN, 1-13. Due velivoli furono acquistati dalle Forze Aeree Brasiliane ed uno donato dall'Italia al
Brasile
.
≪Si trattava indubbiamente di un aeroplano riuscitissimo, ma non si puo pretendere che un aeroplano, per quanto riuscito, possa rimanere sulla breccia per ben dieci anni senza subire alcuna notevole modifica. E se alla fine della guerra i nostri reparti operavano ancora con quell'apparecchio costruito in tela, legno e tubi d'acciaio, vuol dire che i nostri equipaggi meritavano un monumento, ma vuole anche dire che in questo campo l'industria non era riuscita a far nulla di meglio.≫
La prima versione militare, il cui impiego operativo e descritto piu sotto, fu la
S.79K
, sigla della SIAI-Marchetti, corrispondente a
S.79M
(M per "militare") per la Regia Aeronautica. Anche se il S.79K era dotato di stiva per le bombe (inusualmente posizionate in posizione verticale a causa del forzato adattamento dall'originario impiego da trasporto), nonche di attacchi per i siluri, fu commissionata alla fine del 1940 una speciale versione destinata esclusivamente al siluramento, con la sigla
S.79S
. Delle versioni siluranti furono costruiti in tutto 1200 esemplari (dalla matricola MM.21051 alla MM.25395).
Le unita aerosiluranti furono la
278ª Squadriglia
dal settembre 1940, la
279ª Squadriglia
dal 24 dicembre successivo, la
280ª Squadriglia
dall'8 febbraio 1941, la
281ª Squadriglia
dal 5 marzo successivo, la
283ª Squadriglia
dal 4 luglio 1941, la
284ª Squadriglia
dal 7 novembre 1941 ed il
132º Gruppo
dal 1º aprile 1942.
Di minor importanza militare ma di sicura utilita furono gli
S 79 P
, velivoli realizzati modificando normali velivoli di serie allestendoli per il trasporto di personalita politiche o militari. Questa versione, benche utilizzata in ambito militare, era priva di armamento.
Due ulteriori versioni di grande importanza, utilizzate esclusivamente nel ruolo di aerosilurante, videro la luce dopo il 1942. La prima, studiata per impieghi specifici a lungo raggio, come l'attacco a
Gibilterra
, fu la
S.79GA
(acronimo per "Grande Autonomia"), nel dopoguerra ribattezzata
S 79 bis
dagli inglesi, ed era dotata di serbatoio ausiliario in
fusoliera
al posto del vano bombe. Per migliorarne l'autonomia fu soppressa la gondola ventrale per il puntatore bombardiere non piu necessario, con grandi vantaggi aerodinamici. Questi esemplari furono costruiti in prevalenza dalle O.M. Reggiane, che costruivano buona parte della versione "K" fin dal 1937.
La seconda fu l'
S.79 III serie
, per lo piu ricavata da serie precedenti, in ditta per revisione: dotati di motori
Alfa Romeo 128 RC.18
avevano armamento di lancio costituito da cannoncini da 20mm in luogo delle SAFAT da 12,7 mm con modifiche alle postazioni dei mitraglieri (la gobba perde i tegoli e rimane sempre aperta e le sfinestrature laterali sono ampliate e corazzate) e varie altre corazzature. Sulla sommita della gobba fu piazzata l'antenna di un migliorato apparato radio ricetrasmittente. Come nella versione GA fu eliminato il vano bombe e la gondola del puntatore. Entrambe le versioni avevano scarichi schermati da
parafiamma
per l'impiego notturno. L'
S 79 III
poteva raggiungere i 475 km/h e poteva portare, come tutti gli S 79 siluranti, due siluri, configurazione esclusivamente utilizzata per raggiungere l'aeroporto trampolino, dove ne veniva scaricato uno, e da cui i velivoli poi ridecollavano con un solo siluro per effettuare la vera e propria azione di guerra. Nella configurazione con due siluri l'S 79 diventava abbastanza instabile
[12]
. Questi apparecchi furono ancora impiegati in azione come aerosiluranti dai reparti dell'
ANR
, del
Gruppo Aerosiluranti "Buscaglia-Faggioni"
della
Repubblica Sociale Italiana
[13]
.
Raro esemplare anteguerra del bimotore S.79B
Una versione particolare destinata all'esportazione fu il bimotore
S.79B
[14]
di cui venne realizzato nel 1936 il prototipo I-AYRE (con riferimento a Buenos Aires) con l'intenzione di proporlo al
Servicio Aeronautico del Ejercito
, l'allora
aeronautica militare
dell'
Argentina
, ed in generale al mercato sudamericano, ma la commessa non si concluse.
Data l'assenza del motore centrale la sezione prodiera del 79B era stata completamente ridisegnata e presentava un'ampia finestratura a pannelli trasparenti.
Il modello S.79B con motori
FIAT A.80 RC.41
, per questo denominato S.79/A.80, venne consegnato in quattro esemplari all'
Iraq
nel 1938.
Quattro trimotori
S.79L
(L per
Libano
) furono consegnati nel
1949
in versione bombardiere, vennero poi convertiti in versione da trasporto e volarono fino agli
anni cinquanta
.
Nel 1937, l'
aeronautica romena
,
For?ele Aeriene Regale ale Romaniei
(FARR), ordino 24 bimotori S.M.79B
equipaggiati con motori radiali 746 kW/1,000 hp
Gnome-Rhone 14K
Mistral Major
[
Sia i Mistral Major francesi che i loro derivati prodotti su licenza in Italia non risulta arrivassero ad erogare 1 000 hp (o CV), non risulta a chi? fermo restando che a volte anche i 14N venissero chiamati all'estero come i predecessori
]
. Tuttavia questi aerei, designati localmente come
IAR 79
, si dimostrarono sottopotenziati. Cosi, la Romania ordino nel febbraio 1940 direttamente in Italia, otto esemplari dotati di motori in linea
Junkers Jumo 211Da
, da 1 200 PS ciascuno. Questi aerei, furono designati JIS 79 (J per Jumo, I per Italia e S per Savoia) e furono consegnati nel 1941-2. Ulteriori 72 SM.79 furono costruiti sotto licenza dall'
Industria Aeronautic? Roman? (IAR)
e designati JRS 79B (J per Jumo, R per Romania, S per Savoia).
[15]
Un successivo sviluppo fu il JRS 79B1, armato con un cannoncino Ikaria da 20 millimetri, caratterizzato da un abitacolo ampliato per ospitare un quinto membro dell'equipaggio. Progettato per attacchi a bassa quota contro obiettivi a terra subi un'alta percentuali di perdite.
[16]
Alcuni esemplari rumeni di S.79 restarono in servizio fino ai primi anni del dopoguerra. Nel 1948 uno di essi, pilotato da due rifugiati politici, arrivo all'aeroporto di
Guidonia
dove, danneggiato, venne poi demolito.
Schieramento di Savoia-Marchetti S.M.79
Nella versione militare "
S.79K
" , il primo impiego operativo avviene con l'intervento italiano nella
guerra civile spagnola
come
"Aviazione Legionaria"
. Nel conflitto vengono impiegati 99 esemplari di S.M.79.
Il 26 aprile 1937, tre S.M.79 dell'Aviazione Legionaria furono casuali testimoni del
bombardamento di Guernica
, un'incursione aerea compiuta (sotto il nome in codice di Operazione Rugen) dalla
Legione Condor
, che colpi duramente l'omonima citta basca ed ispiro il celeberrimo dipinto di
Pablo Picasso
.
Nel conflitto il trimotore italiano dimostra ottime capacita in bombardamento e combattimento e buone doti da "incassatore", ed in effetti era capace di incassare centinaia di colpi senza essere abbattuto, grazie alla sua struttura fatta di metallo ma anche legno e tela, facilmente riparabile, talvolta perfino durante il volo, tanto che dopo due anni di operazioni belliche solo 4 velivoli vengono abbattuti, due dei quali per il fuoco contraereo, e vengono ceduti all'aviazione spagnola 80 velivoli in perfetto stato di efficienza.
Nel
1939
, sempre in configurazione
S.79K
, viene ampiamente utilizzato nell'occupazione dell'
Albania
e resta pressoche invariato fino all'entrata in guerra nel
1940
.
All'inizio delle ostilita l'S.79 era il bombardiere piu diffuso nella Regia Aeronautica, con 594 aerei ad equipaggiare 14 stormi da bombardamento terrestre, contro solo quattro stormi equipaggiati con il
Fiat B.R.20
.
[17]
Ma a pochi giorni dall'entrata in guerra, l'intera forza di S.79 venne messa a terra in via precauzionale dopo due incidenti che costarono la perdita di altrettanti velivoli e degli interi equipaggi. Gli aerei si incendiarono in volo senza alcun preavviso e con una conseguente esplosione catastrofica. L'indagine tecnica diede il seguente risultato: il condotto principale del carburante, originariamente in rame e posto su supporti rigidi, a causa della carenza di materie prime era stato sostituito negli esemplari successivi da uno in alluminio, piu rigido, che le vibrazioni di funzionamento progressivamente andavano ad incrinare fino a rottura e conseguente perdita del carburante. In seguito all'analisi, i supporti rigidi vennero sostituiti da altri in gomma ovviando allo specifico problema.
[18]
In generale pero, i velivoli, grazie alla costruzione mista in tela, legno e tubolari d'acciaio, erano molto sensibili al fuoco, e il fatto causo molte perdite durante le missioni operative.
All'entrata italiana in guerra, gia a partire dal 10 giugno, i S.M.79 compiono missioni di esplorazione delle possibili rotte di attacco e dall'11 giugno missioni di ricognizione, ma per tre giorni la reciproca posizione e di attesa.
Casus belli
saranno i bombardamenti di
Torino
e
Genova
da parte di
Whitley
britannici decollati da basi inglesi
[19]
che comporteranno la prima e riuscita azione di guerra dei S.M.79 con ventuno aerei del
32º Stormo
, decollati da
Decimomannu
, contro gli obiettivi francesi del porto di
Biserta
dell'
idroscalo
di
Karouba
.
Gli S.M.79 intervengono poi sulla
Corsica
, la
Tunisia
, sull'arco alpino e contro navi. Si bombardano per lo piu aeroporti e basi aeronavali. Nei pressi di
Marsiglia
si effettua l'intercettazione di unita navali francesi. Nel luglio arrivano altri 167 aerei per potenziare le operazioni. Si effettuano bombardamenti e ricognizioni. Nei primi otto mesi di battaglie in Africa settentrionale sono stati abbattuti venti S.M.79, 17 sono danneggiati gravemente e una cinquantina lievemente.
Contemporaneamente in Africa settentrionale la situazione e piu complicata.
Nel 1940 fu costituito a
Gorizia
il Reparto Sperimentale Aerosiluranti che aveva come comandante il Maggiore Vincenzo Dequal e i piloti Maggiore Enrico Fusco, Tenente
Carlo Emanuele Buscaglia
, Tenente Carlo Copello, Tenente Franco Melley e il Sottetente Guido Robone
[13]
. Questo reparto, con soli 5 velivoli, venne trasferito in Africa settentrionale il 10 agosto 1940, e spostato ad
El-Adem
(poi
Base aerea Gamal Abd el-Nasser
), con l'obiettivo di attaccare la rada di
Alessandria d'Egitto
la notte del 15 agosto in contemporanea con i bombardieri, ma la conformazione della rada stessa e le condizioni meteorologiche non diedero risultati positivi.
La grave inferiorita sul fronte terrestre obbliga subito all'impiego dei mezzi aerei in voli per la ricerca e l'attacco delle colonne motorizzate avversarie. Il 28 giugno succede un incidente: l'S.M.79 su cui vola
Italo Balbo
viene
abbattuto
a
Tobruk
per errore dalla contraerea italiana dell'
incrociatore
San Giorgio
. L'inchiesta stabilira che i due S.M.79, arrivati su Tobruk appena dopo una incursione aerea britannica, non avevano effettuato i prescritti giri di riconoscimento sul campo, e vennero quindi presi di mira. L'apparecchio di Balbo venne abbattuto mentre l'altro, sul quale viaggiava il suo capo di stato maggiore, atterro con danni minori. Nell'incidente trovo la morte Nello Quilici, giornalista e padre di
Folco Quilici
che ha scritto un libro sull'argomento.
[20]
Nel territorio dell'
Africa Orientale Italiana (A.O.I.)
vi sono solo 16 S.M.79.
Sul versante occidentale del Corno d'Arica, a
Dire Daua
, era basato il 44º Gruppo, costituito dalla
6ª Squadriglia
e dalla
7ª Squadriglia
, con 12 Savoia S.M.79. Altri quattro facevano parte delle forze di riserva, mentre altri due erano in riparazione. Gli "Sparviero" dell'Africa Orientale entrarono in azione per la prima volta il 13 giugno 1940. Quel giorno, nove Savoia Marchetti del 44º Gruppo decollarono per attaccare
Aden
. L'S.M.79 pilotato dal
sottotenente
Ruffini fu colpito dal fuoco antiaereo di una nave britannica e si schianto. Allora, due
Gloster Gladiator
intercettarono i bombardieri. Il biplano britannico pilotato dal
Pilot Officer
Stephenson attacco lo "Sparviero" del capitano Serafini, che era stato danneggiato dal fuoco antiaereo, aveva un motore fuori uso e il carrello estratto. Ma il mitragliere dorsale del bombardiere italiano colpi il radiatore del Gladiator costringendolo a un rovinoso atterraggio forzato. Anche Serafini doveva poco dopo compiere un atterraggio di fortuna ad
Assab
, durante il quale l'S.M.79 restava danneggiato irreparabilmente. Un altro "Sparviero" danneggiato atterro sulla stessa base.
[21]
Conquistato l'accesso al Golfo di Aden, la Regia Aeronautica si concentro dal settembre 1940 nell'opera di contrasto ai convogli che dall'
India
rifornivano le truppe inglesi in Egitto. Gli affondamenti ottenuti, convinsero i britannici a potenziare i reparti di aerei da caccia per fermare le azioni italiane. In questi pochi mesi dall'inizio del conflitto,
Italo Gherardini
esegui numerose missioni di ricerca e attacco ai convogli. Il 15 ottobre, nel corso di una di queste missioni, attaccato da tre aerei nemici, fu abbattuto sul cielo dello Yemen
[22]
.
Vista la scarsita di velivoli nel novembre
1940
ne arrivano altri 23, nel febbraio
1941
ne giungono altri 16. Le operazioni sono scarse e in marzo cessano: e uno stratagemma per far credere un totale annientamento. I velivoli vengono accuratamente mimetizzati e gli aeroporti assunsero un'aria di totale abbandono. Ma il 15 marzo 1941, al momento dell'offensiva generale inglese contro Cheren, 12
caccia
Fiat C.R.42
, un S.M.79 gli altri due impiegati nella missione rimasero a terra, 2
Caproni Ca.133
ricompaiono improvvisamente, attaccano di sorpresa gli aeroporti nemici e per undici giorni sono sulla linea del fuoco.
Contro la Grecia vengono impiegati 31 S.M.79. Durante la campagna effettuano circa 300 missioni e sostengono trenta combattimenti con la caccia nemica. Poi partecipano a brevi operazioni contro la Jugoslavia.
L'isola di
Malta
rappresentava un punto strategico fondamentale nello scacchiere del
Mediterraneo
. Infatti si trovava sulle rotte che per gli Italiani conducevano alla
Libia
e per i britannici all'
Egitto
.
Fu proprio sull'isola-fortezza che l'SM.79 inizio a perdere la sua fama di invulnerabilita guadagnata in Spagna, nel giugno 1940, ad opera dei
Gloster Gladiator
e degli
Hawker Hurricane
. Il primo di una serie di
Sparviero
abbattuti su Malta cadde il 22 giugno 1940. Quel giorno, un Savoia Marchetti ricognitore decollo alle 18.15 per individuare eventuali obiettivi sull'isola. Era l'S.M.79 M.M.22068 della
216ª Squadriglia
pilotato dal Tenente Francesco Solimene. Due Gladiator decollarono, uno pilotato dal Flt Lt George Burges. Nel cielo di
Sliema
e
La Valletta
, in piena vista di una grande folla, Burges attacco lo
Sparviero
da un'altezza superiore, colpendo uno dei motori. L'aereo prese fuoco e si schianto in mare, al largo di
Kalafrana
. Il pilota, Solimene, e il 1º Aviere Armiere Torrisi, furono salvati dal mare, ma gli altri quattro membri dell'equipaggio non vennero ritrovati.
[23]
.
E fu sempre uno "Sparviero" il primo aereo a precipitare sul suolo maltese durante la seconda guerra mondiale. Il 10 luglio 1940, circa venti S.79, senza scorta, arrivarono per bombardare il Dockyard, l'
isola Manoel
,
Tarscen
e
Zabbar
. Ma furono attaccati dai Gloster Gladiator e il Savoia Marchetti pilotato dal Sottotenente Felice Filippi della 195
Squadriglia
, 90º
Gruppo
, 30º
Stormo Bombardamento terrestre
, precipito in fiamme proprio dietro la torre di guardia dei Cavalieri di
Fort San Leonardo
. La vittoria aerea fu attribuita al
Flying Officer
Frederick Taylor. Almeno un italiano fu visto lanciarsi con il paracadute in fiamme, ma non sopravvisse.
[24]
Febbraio 1941. S.M.79 verso Malta
Convoglio
britannico
bombardato da S.M.79
L'errore strategico dell'Asse fu la mancata invasione dell'isola, mentre le incursioni aeree, sia terrestri che ai convogli navali, furono pesantissime.
In queste quotidiane missioni, ad iniziare dal
1941
, l'S.M.79 trovo il suo piu largo impiego, come
bombardiere
, come
ricognitore
e come
silurante
. In particolare fu attivo il 30º Stormo, con l'87º Gruppo, di base a
Sciacca
, con la 192ª e 193ª Squadriglia, oltre al 90º con la 194ª e 195ª Squadriglia, e il 108º 109º Gruppo dalla base di
Castelvetrano
per le missioni notturne.
La
base militare di Sciacca
era cosi ben mimetizzata tra gli alberi d'ulivo, che difficilmente poteva essere localizzata dagli aerei nemici. Infatti non fu mai bombardata.
Nell'agosto
1942
scatta l'operazione navale alleata
"Pedestal"
, che vede impegnati anche gli S.M.79 in una grande offensiva ai convogli inglesi diretti verso l'isola, con i Gruppi 30º e 32º dalla Sicilia e i siluranti del
132º Gruppo
dall'isola di
Pantelleria
e 105º e 130º dalla Sardegna.
Contro le navi inglesi del convoglio Pedestal un S.M.79 si rende protagonista del primo tentativo italiano di attacco con aereo senza pilota, l'
Aereo Radio Pilotato
: Il 12 agosto del 1942 un S.M.79 radiocomandato e carico di 1 000 kg di esplosivo decolla regolarmente dall'aeroporto di
Villacidro
in Sardegna. Una volta raggiunta la quota stabilita il pilota, l'allora Maresciallo Mario Francesco Badii, si lancia con il paracadute e i comandi vengono presi dal Col. Ferdinando Raffaelli, ideatore del sistema, il quale si trova su di un
CANT Z.1007
che lo segue a debita distanza; per essere meglio visibile il "79" era stato colorato di giallo, da cui il nome dell'operazione, detta "canarino". Fino a buon punto del volo tutto funziona perfettamente, ma improvvisamente, a causa di un banale guasto della trasmittente, il 79 non risponde piu ai comandi e, invece che colpire le navi inglesi, pur rimanendo in assetto e in quota e dopo una lunga e ampia deviazione verso sud-ovest, si va a schiantare a 1 800 m sulle montagne dell'Algeria.
[25]
Il 16 giugno del 1943, un S.M.79 pilotato dal Capitano Capelli e dal Sottotenente Caselli colpi e danneggio gravemente la portaerei
HMS
Indomitable
al largo delle coste siciliane
[26]
, che verra condotta successivamente verso
Gibilterra
e poi a
Norfolk
, negli Stati Uniti, dove rimarra ferma fino al maggio del 1944.
[27]
Il caricamento di un siluro su un S.79
Nel
Dodecaneso
, che allora era territorio italiano, era schierato un contingente della Regia Aeronautica basato sul
Comando Aeronautica dell'Egeo
all'
aeroporto di Rodi-Maritsa
; al 25 settembre
1940
risultavano schierati sull'
aeroporto di Gadurra
(isola di
Rodi
) il 92º Gruppo BT (Bombardamento Terrestre), con la 200ª e
201ª Squadriglia
e il 34º Gruppo BT, con la 67ª e 68ª Squadriglia
[28]
. Altre squadriglie si aggiunsero col tempo, ed alcune vennero dotate della versione silurante, sulla quale operarono assi come
Carlo Faggioni
,
Carlo Emanuele Buscaglia
,
Giuseppe Cimicchi
ed altri. Queste furono la
279ª Squadriglia
(ricreata il 24 dicembre 1940), trasferita da
Catania
a Gadurra ad aprile 1941, la 205ª del 41º gruppo (i famosi
Sorci Verdi
), la
278ª Squadriglia
(rinata nel settembre 1940) e 279ª Aerosiluranti, e la
253ª Squadriglia
, 104º gruppo Aerosiluranti
[29]
. Queste unita effettuarono diverse sortite contro i convogli inglesi, affondando alcuni mercantili, ed in alcuni casi anche dei bombardamenti contro la costa della
Palestina britannica
(la 205ª Squadriglia). L'
aeroporto di Cattavia
, nel sud dell'isola, ospito la 223ª Squadriglia composta da SM 81.
Oltre a naviglio mercantile, le seguenti navi da guerra britanniche sono state affondate da attacchi di S.M. 79:
Siluri lanciati da S.M. 79 hanno inoltre danneggiato gravemente le seguenti unita:
Al velivolo con la matricola MM 23881 e legato uno dei misteri piu noti degli aerei scomparsi durante la seconda guerra mondiale, molto simile a quello che coinvolse il
Consolidated B-24 Liberator
statunitense
Lady be Good
, scomparso nell'aprile del 1943. Il 21 luglio
1960
, alcuni tecnici della compagnia CORI del gruppo
Eni
vicino alla pista che stavano percorrendo tra
Gialo
e
Giarabub
trovarono lo scheletro di un aviere, identificabile dai bottoni dell'uniforme. Oltre ad una pistola lanciarazzi, sullo scheletro vi era una chiave con una piastrina metallica:
S.79 MM 23881
, il piastrino di Giovanni Romanini, primo aviere di
Parma
, appartenente all'equipaggio del MM 23881. Il 5 ottobre un'altra squadra ritrovo i resti di un SM.79, sul quale risultava visibile (quattro cifre su cinque) il numero di matricola e l'identificativo di squadriglia, la 278ª Aerosiluranti. La storia dell'aereo e questa: il 21 aprile 1941, il MM 23881, al comando del capitano pilota Oscar Cimolini, decollo da
Berka
per una missione di aerosiluramento, in ritardo rispetto al suo compagno di missione, il tenente Robone. Quest'ultimo riusci a silurare l'obbiettivo della missione, un piroscafo da circa 8.000 tonnellate, e a rientrare, ma il MM 23881 scomparve nel nulla, finendo nell'elenco dei dispersi con il suo equipaggio: oltre a Cimolini,
maresciallo
pilota Cesare Barro,
tenente di vascello
osservatore Franco Franchi,
sergente
maggiore marconista Amorino De Luca, 1º aviere motorista Quintilio Bozzelli, 1º aviere armiere Romanini.
[30]
[31]
Ricostruzione fatta a
Volandia
di come si presentava il MM 23881
Il relitto dell'aereo si presentava in buone condizioni generali, con le eliche danneggiate, il muso sfondato e le gambe di forza del carrello, evidentemente estratto per l'atterraggio, che avevano sfondato le ali. L'aereo era quindi atterrato coi motori funzionanti. Non si puo dire se gli apparati ricetrasmittenti funzionassero durante il volo, ma di fatto l'aereo oltrepasso la costa per addentrarsi nel deserto per oltre 400 km. Romanini ando in cerca di soccorsi, ma mori nel tentativo (marcio per oltre 90 km e manco di poco un deposito d'acqua del
Long Range Desert Group
, poi spiro, dopo aver verosimilmente sparato un razzo di segnalazione, a soli 8 km dalla trafficata strada Gialo-Giarabub), mentre i corpi di altri tre membri dell'equipaggio, mai identificati, furono trovati uno all'interno del relitto (il pilota, probabilmente Cimolini, ucciso o gravemente ferito nell'atterraggio: lo scheletro presentava vistose fratture, ed i comandi mostravano ancora tracce di sangue
[32]
) e due al suo esterno (uno dei quali sotto un'ala, probabilmente per ripararsi dal sole). Le salme di altri due uomini non furono mai ritrovate; il fatto che sul corpo di Romanini fu trovato un secondo orologio, oltre al suo, fa pensare che almeno un altro superstite avesse tentato l'attraversamento del deserto, ma fosse morto durante la marcia.
[33]
Il motivo per il quale l'equipaggio non si rese conto del macroscopico errore di rotta non potra mai essere spiegato completamente.
La Aviazione Nazionale Repubblicana costitui un gruppo di Aerosiluranti le cui vicende sono ben descritte nel Dossier N.21 di Storia Militare e a firma di Giacarlo Garello (Storia Militare Dossier - L’Aeronautica Nazionale Repubblicana Parte 2° di Giancarlo Garello) Oltre ai tre gruppi da caccia, l’A.N.R. riusci a schierare infatti anche un reparto offensivo come il Gruppo Aerosiluranti intitolato dapprima ad Emanuele Buscaglia poi (appena saputo del fatto che lo stesso maggiore Buscaglia non era caduto prima dell'armistizio ma era deceduto nel 1944 militando nelle file della Regia Aeronautica) al primo c.te del gruppo, la M.O.V.M. Cap. Carlo Faggioni, deceduto il 10.4.1944 in uno dei tanti ed infruttuosi attacchi della sua formazione contro il naviglio alleato nel Mediterraneo. Come Giancarlo Garello riporta, dal confronto con la documentazione alleata emerge che i risultati operativi effettivamente conseguiti furono drammaticamente esigui a fronte di un congruo sacrificio di uomini e di velivoli. Al di la del riscontro con la documentazione avversaria, sarebbe stato sufficiente considerare che gia nel 1940 l‘uso come aerosilurante dell’S.79, nato come aereo civile da trasporto veloce passeggeri e modificato poi bombardiere, era un mero ripiego estemporaneo in assenza di valide alternative; anche negli anni di guerra successivi, l’artigianato aeronautico italiano non fu in grado di fornire alla R.A. un aerosilurante degno di questo nome (vedi il fallimentare S.84 e i controversi Ca.313 e Ca.314 questi ultimi solo sperimentati anche come aerosiluranti), e che quindi l’S.79, sia pure nella versione bis (dotazione principale del “Buscaglia/Faggioni”), oramai nel 1944 era un aereo anacronistico a dir poco. L’utilizzazione di questi trimotori da parte del Gruppo Aerosiluranti della A.N.R fu quindi per lo piu notturna nella speranza di sfuggire al predominio aereo alleato ma gli anglo-americani avevano radiolocalizzatori che oltre ad individuare gli incursori nemici, indirizzavano contro di loro i temibili bimotori Bristol Beaufigther. Giancarlo Garello descrive con dovizia di particolari le varie missioni del reparto, divenuto operativo la notte del 10.3.1944: il primo ciclo fu quello contro le navi vicine alla testa di ponte di Anzio ma a fronte di una serie dolorosa di perdite di velivoli e di S.79, non solo non si ottenne alcun affondamento ma neanche un siluro italiano ando a segno. Giancarlo Garello non puo giustamente fare a meno di menzionare che la propaganda della R.S.I. parlo subito di vari successi italiani ma anche che nel 1980 alcuni autori avevano gia riscontrato l’infondatezza di tali notizie. Anche la famosa missione contro Gibilterra del 4.6.1944 inoltre, fu un raid coraggioso ma non piu di questo, come gia negli anni precedenti analoghe missione condotte dalla R.A., per di piu senza alcun concreto risultato se non quello di infondere maggiore fiducia al personale. L'elemento umano del Gruppo era provato non solo dalle precedenti infruttuose missioni su Anzio ma anche dalla tremenda strage di Sparvieri del 6.4.1944 quando sui cieli toscani quattro P-47D statunitensi sorpresero 11 S.79 del “Buscaglia” in un volo di trasferimento, abbattendone quattro e danneggiandone gravemente altri due…Giancarlo Garello dimostra poi nel suo dossier che questa terribile strage non fu dovuta ad un atto di spionaggio come alcuni autori hanno acriticamente ventilato ma che fu “solo” un caso fortuito…Dal Dossier N.21 si apprende di una missione del gruppo su Bari nel luglio 1944, del successivo ciclo di missioni partendo da Atene durato fino ad agosto e nel corso nel quale il Gruppo Aerosiluranti ottenne l’unico successo della sua esistenza, ovvero un siluramento di un piroscafo inglese che pero, pur gravemente danneggiato, non affondo…Il 5.1.1945 ci fu l’ultima infruttuosa missione del Gruppo Aerosiluranti in quanto era chiaro anche ai vertici dell’A.N.R. che il materiale di volo dello stesso gruppo era oramai del tutto inadeguato e non era per nulla opportuno mandare allo sbaraglio il personale che venne cosi destinato ad altri reparti o addirittura alla costituzione di un battaglione anti paracadutisti…
Nella Regia Aeronautica invece i superstiti S.79 vennero tutti destinati all'uso come trasporto veloce di passeggeri: gia molti mesi prima dell’armistizio lo Sparviero infatti non era piu usato come bombardiere (ruolo per il quale gli venne progressivamente preferito per lo piu il C.R.D.A Cant. Z.1007 Bis) e molti esemplari erano gia stati trasformati per l’uso come trasporto di personalita politiche e militari. Dopo l'8.9.1943 tutti gli Sparvieri che ancora nelle file della Regia Aeronautica e che non erano gia stati riciclati come trasporti furono cosi trasformati in questa versione, sia pure con differenti configurazioni di allestimento, Nel dopoguerra, anche gli S.79 appartenuti al gruppo aerosiluranti dell'
ANR
e recuperati dalla Regia Aeronautica (divenuta Aeronautica Militare il 18.6.1946) furono convertiti in versione da trasporto, trasformando il vano bombe in cabina passeggeri; .
La lunghissima vita del Savoia-Marchetti S.M.79 si concluse nel
1959
in
Libano
, a 25 anni dal primo volo. In Italia, dopo essere stato utilizzato in vari impieghi, anche per l'addestramento delle squadre anti incendio dell'A.M.I. (i velivoli venivano incendiati a terra e fatti spegnere dal personale in addestramento appunto come squadre anti incendio), fu radiato nel
1953
.
Nel
1946
il Libano commissiono 4 apparecchi, denominati S.79L, in versione bombardiere. Revisionati dalla SIAI, furono consegnati nel
1949
alla squadriglia da bombardamento con base a
Rayak
, ed in seguito furono riconvertiti ad uso civile da trasporto. Volarono ancora per dieci anni senza mai avere problemi. Uno dei due rimasti, costruito dalle
Officine Reggiane
nel
1942
(MM.24499), e conservato al
museo Caproni
di
Trento
; il secondo (MM.45508, ex
ANR
), dopo un lungo restauro che lo ha riportato alla versione militare con la livrea dell'apparecchio di
Carlo Emanuele Buscaglia
, si trova al
Museo storico dell'aeronautica di Vigna di Valle
. I resti di un terzo esemplare sono stati impiegati per un allestimento scenico al museo di
Volandia
vicino all'aeroporto di Malpensa
[34]
.
Un S.M.79 nella livrea della
Jugoslovensko kraljevsko ratno vazduhoplovstvo i pomorska avijacija
, l'
aeronautica militare
del
Regno di Jugoslavia
.
Lo SM.79 conservato al
Museo storico dell'Aeronautica Militare
di
Vigna di Valle
raffronto fra lo SM.79 e due caccia dell'epoca
Uno degli esemplari in servizio con la
libanese
Al-Quwwat al-Jawwiyya al-Lubnaniyya
.
Brasile
- tre esemplari di S.M.79T.
Croazia
- esemplari acquisiti dopo la caduta del Regno di Jugoslavia.
Germania
- diversi velivoli catturati e requisiti dopo la firma dell'
armistizio di Cassibile
.
Iraq
- quattro esemplari impiegati durante la
Guerra anglo-irachena del 1941
[35]
Italia
Repubblica Sociale Italiana
Jugoslavia
Romania
Spagna
Regno Unito
- quattro esemplari ex-regno di Jugoslavia utilizzati dal
No. 117 Squadron RAF
nel teatro
mediorientale
.
[36]
Italia
Libano
- quattro esemplari di S.M.79L (versione bombardiere) ordinati nel
1946
, consegnati nel
1949
ed impiegati come
aereo da trasporto
. I due esemplari superstiti sono conservati in musei italiani.
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Savoia-Marchetti SM.79bis Sparviero
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