La
Controversia dei riti cinesi
e una celebre
diatriba
teologica
sorta sotto il
pontificato
di
papa Gregorio XV
agli inizi del
Seicento
, che si e protratta per circa un secolo e mezzo.
Affine e contemporanea alla
Questione dei riti malabarici
, che interesso l'
India
, sorse in occasione dei viaggi che gruppi di
missionari
occidentali compirono in
Estremo oriente
con l'obiettivo di
evangelizzare
i popoli dell'area. Fu il Visitatore gesuita padre
Alessandro Valignano
a teorizzare per primo il modello di
inculturazione
per raggiungere lo scopo, il primo ad adottarlo nelle Indie ed in
Giappone
ed a diffonderlo tra i missionari in Asia, molti dei quali suoi allievi, col suo "Manuale per i missionari del Giappone". Il problema di fondo e dato dalla difficolta ad adattare i
principi cristiani
alla
civilta
delle varie nazioni. E significativa questa raccomandazione di
Propaganda Fide
nel
1659
:
≪Cosa potrebbe essere piu assurdo che trasferire in Cina la civilta e gli usi della Francia, della Spagna, dell'Italia o di un'altra parte d'Europa? Non importate tutto questo, ma la fede che non respinge e non lede gli usi e le tradizioni di nessun popolo, purche non siano immorali.≫
Morto il potentissimo Visitatore Alessandro Valignano nel
1606
, la Questione ebbe inizio poco dopo la morte del di questi allievo
Matteo Ricci
(
1610
), quando gia il suo successore,
Niccolo Longobardo
, non concordava con lui sul problema del
nome
di
Dio
, ritenendo i termini "
Ti?n
" e "
Shangdi
" passibili di equivoci da parte dei credenti cinesi. La questione scoppio con grande evidenza anche fuori dalla Compagnia, quando arrivarono in Cina i primi missionari
domenicani
e
francescani
nel
1630
.
Nel corso del tempo si erano venuti a creare due modi diversi di agire tra i missionari, dettati da due modi diversi di intendere il rapporto tra la religione cristiana cattolica e la cultura locale.
Da una parte c'era chi, come i missionari
gesuiti
, intendeva conciliare le due culture, permettendo ai neo-convertiti di continuare ad esercitare il culto dei morti secondo le modalita tipiche della religione e cultura cinese, in quanto considerati delle pratiche civili per nulla in contrasto con la dottrina cattolica, e assistere seppur passivamente ai riti stagionali in onore del Cielo, che erano integrati nel sistema religioso confuciano.
Dall'altra c'era chi, come i missionari
francescani
e
domenicani
, intendeva, invece, vietare ai cinesi convertiti queste pratiche, considerate espressione di un'altra religiosita, diversa e preesistente, e quindi in contrasto con il
culto
del Dio dei Cristiani.
La posizione dei Gesuiti era dettata non solo dall'idea che i missionari dovessero mantenere un atteggiamento tollerante e moderato nei confronti di culture plurimillenarie per favorire la diffusione del
Cristianesimo
nell'area, ma anche dalla convinzione che la proibizione di queste pratiche potesse compromettere l'adesione di molti letterati cinesi al Cristianesimo, e per questo enfatizzarono l'aspetto "civile" di questi riti, e in quanto tali non in contrasto con la dottrina cattolica, spesso ignorando o minimizzando gli aspetti religiosi.
La posizione di francescani e domenicani, invece, si basava sulla convinzione che il Cristianesimo andasse definito coerentemente in Cina cosi come in Europa, e che i cinesi che sceglievano di convertirsi dovessero abbandonare gli antichi riti, considerati espressione di una religiosita alternativa a quella cristiana.
Non secondaria e la considerazione dell'importanza che ebbe, nella formazione di queste diverse opinioni tra missionari, il contesto in cui i vari ordini religiosi scelsero o si trovarono ad operare: i Gesuiti prevalentemente a
corte
, avendo come interlocutori la classe colta e la alta burocrazia cinese (i cosiddetti "Letterati"), quando non mancese (non va dimenticato che l'Imperatore era di etnia, lingua e cultura
Manciu
dall'inizio della
Dinastia Qing
, nel
1644
), pertanto la ristretta fascia di popolazione che seguiva la
ritualita confuciana
piu per obbligo sociale e politico, che per intima convinzione; mentre i domenicani e francescani agivano esclusivamente nelle province della Cina, quindi a contatto con la gente normale, semplice nella cultura e nelle credenze religiose, e quindi molto piu esposta ai rischi di una religiosita piu concreta e materialistica.
Dopo il Trattato di Niccolo Longobardo, che elaborava il problema del nome di Dio con un approccio decisamente differente da quello di Matteo Ricci (testo che peraltro venne pubblicato soltanto nel
1701
, a cura del Seminario delle Missioni Straniere di Parigi, e quindi non da parte di una qualche struttura della Compagnia di Gesu), il primo passo rilevante "esterno" rispetto alla Compagnia, si ebbe quando il domenicano Morales sottopose, dapprima al Visitatore della Compagnia, quindi al
Sant'Uffizio
una serie di critiche verso le pratiche adottate fino a quel momento dai Gesuiti; in seguito a tali osservazioni la Santa Sede emise un primo pronunciamento di condanna sul problema dei "riti cinesi", nel
1645
.
Come risposta della Compagnia a tale decreto fu inviato il gesuita
Martino Martini
a Roma per sostenere le posizioni dei Gesuiti (peraltro senza illustrare il problema della partecipazione dei cristiani ai riti in onore di
Confucio
, dando egli per scontato che tali riti erano di carattere civile, assumendo cioe per postulato cio che avrebbe dovuto dimostrare), e
Papa Alessandro VII
emise un nuovo decreto piu permissivo nel
1656
che costitui per molto tempo l'atto ufficiale cui si appellarono i Gesuiti per sostenere la legittimita della loro prassi. A questo atto segui nel
1659
, quindi sempre sotto il Pontificato di Alessandro VII, il pronunciamento di Propaganda Fide, sopra citato.
Nel
1668
si tenne una conferenza di missionari a
Canton
, con una grande maggioranza di Gesuiti, in cui si concordarono alcune linee guida, ma al termine di essa il domenicano
Navarrete
[
non chiaro
]
manifesto pubblicamente in Europa il suo dissenso e la polemica usci cosi dai ristretti ambiti della Chiesa per allargarsi, a livello politico e culturale, a tutta la societa europea.
Dopo che i missionari di Cina ebbero chiesto dei chiarimenti sui due decreti apparentemente contraddittori, nel
1669
papa Clemente IX
emise un nuovo decreto, che di fatto era equidistante tra le due posizioni, e che demandava ai missionari l'assunzione delle decisioni sul comportamenti da tenere caso per caso
[1]
.
Una svolta decisiva alla vicenda dei Riti venne impressa dal Vicario del
Fujian
Charles Maigrot
(della
Societa per le Missioni Estere di Parigi
-M.E.P.), che nel
1693
emise un decreto, formalmente valido solo per la sua giurisdizione ma che di fatto influenzo tutti i missionari di Cina, che proibiva l'uso dei nomi
Ti?n
(Cielo) e
Shangdi
(Signore supremo) - in uso da secoli nel panorama religioso cinese - per indicare il Dio dei Cristiani, proibiva l'iscrizione che significava "Sede dell'Anima" nelle tavolette usate in ricordo dei defunti, e proibiva infine ai convertiti di partecipare ai riti equinoziali in onore di Confucio e del "Cielo".
La situazione si fece molto piu tesa tra la fine del secolo e l'inizio di quello successivo.
Nel novembre
1700
i Gesuiti fecero un'importante contromossa redigendo un documento sulla identita dei riti controversi, in cui si sosteneva che essi fossero soltanto "civili" e non religiosi, e sottoponendolo all'Imperatore
Kangxi
, che lo approvo dapprima soltanto verbalmente, poi, su espressa richiesta dei missionari gesuiti, la sua risposta venne messa per iscritto dai mandarini di corte.
Nel frattempo era giunta a conclusione una lunga istruttoria di una apposita commissione del Sant'Uffizio, che nel novembre 1704 produsse la
costituzione apostolica
Cum Deus Optimus
, che sostanzialmente assumeva e ufficializzava i contenuti del decreto di Maigrot.
Nel
1705
il
legato pontificio
,
cardinale
Carlo Tommaso Maillard de Tournon
, arrivo in Cina con l'obiettivo di pubblicare quel decreto e di far si che tutti i missionari si conformassero alle decisioni della Santa Sede. Ma il risultato che ottenne fu una reazione molto negativa dell'imperatore
Kangxi
, che emano - su espressa richiesta dei Gesuiti di corte - un decreto per regolamentare rigidamente la presenza e la attivita dei missionari occidentali in Cina (il Decreto sul
Piao
, dicembre
1706
). In conseguenza di cio il Legato emano a sua volta un decreto (Decreto di Nanchino, febbraio
1707
) con cui ribadiva le proibizioni della Santa Sede e dava indicazioni ai missionari sul comportamento da tenere nei confronti dell'Imperatore. Questo provvedimento venne poi approvato dalla
Santa Sede
nel settembre
1710
, prima che giungesse a
Roma
la notizia della morte di Tournon, avvenuta nel giugno di quell'anno a
Macao
.
Nel marzo
1715
Papa Clemente XI
emano quella che nelle intenzioni doveva essere l'ultima parola sulla questione: la
bolla
"
Ex Illa Die
", che ribadiva e confermava tutte le proibizioni del decreto del 1704, ed esigeva un giuramento dai missionari.
Ma la vicenda fu tutt'altro che conclusa.
I Gesuiti di
Pechino
si rifiutarono di accettare la Bolla e obbedire alle sue direttive, e si autosospesero dall'amministrazione dei sacramenti, sostenendo che non era possibile fare missione in Cina seguendo quelle proibizioni; mentre altri missionari (
propagandisti
, francescani, domenicani, M.E.P.) continuarono tranquillamente a fare
attivita pastorale
seguendo le direttive della Santa Sede.
In seguito al persistere delle divergenze tra i missionari Clemente XI invio in Cina un nuovo legato, per pubblicare la Bolla con tutta l'autorita della Santa Sede, nella persona di
Carlo Ambrogio Mezzabarba
, che giunse a Pechino alla fine del
1720
.
Questa seconda
legazione
fu condotta con maggiore
diplomazia
e giunse quasi ad una positiva conclusione con la famosa udienza del 14 gennaio
1721
, in cui sembro che l'Imperatore accogliesse tutte le richieste del
Papa
. Ma anche allora la situazione precipito e il Legato ritorno in Europa senza riportare un significativo successo, neanche concedendo le cosiddette "Otto Permissioni", che tentavano, peraltro invano, di venire incontro alle pretese dei Gesuiti.
La Questione dei riti cinesi prosegui ancora per diversi anni fino a che venne posta la parola fine nel
1742
con la bolla
Ex quo singulari
di
papa Benedetto XIV
, con cui si bandivano definitivamente questi riti, si obbligavano i missionari a un giuramento di fedelta, e si proibiva anche ogni ulteriore discussione sull'argomento.
Nel
1935
Propaganda Fide riapri la questione e chiese ai
Vicari Apostolici
in Cina di fornire informazioni sull'identita di quei Riti. I Vicari ottennero dal governo fantoccio del
Manchukuo
e poi dal
Governo cinese
, la "garanzia" dell'essenza "civile" dei riti controversi e sulla base di questa garanzia venne emanata nel dicembre
1939
un'Istruzione di Propaganda Fide, il
Plane Compertum
, firmata dal Prefetto Fumasoni-Biondi e approvata da
Papa Pio XII
, che autorizzava i cattolici cinesi a partecipare quei riti e aboliva il giuramento per i missionari, che era rimasto in vigore dal 1742.
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