Secondo il sociologo Massimo De Angelis, i beni comuni possono essere definiti “sistemi sociali tra risorse (materiali e immateriali) e comunità di persone che definiscono il loro rapporto con le risorse in comune”. Alcuni esempi tradizionali di beni comuni sono una foresta, un fiume, una montagna, ma sempre più il termine “bene comune” viene utilizzato per un insieme più ampio di ambiti, come l’accesso alla conoscenza, la giustizia sociale ed ecologica, l’inclusività in ambiente digitale e quella delle comunità nella rigenerazione urbana, il diritto fondamentale alla sanità, così come il diritto alla cultura.
Il concetto di
commons
si basa sulla comprensione di come le risorse comuni siano condivise da un certo numero di individui e comunità, e l'atto stesso di produrre, gestire e distribuire queste risorse viene definito
commoning
: un atto progettuale che prevede “lo sviluppo di proposizioni attive tra un bene comune (
commons
) e uno o più commoners (la comunità)”, come teorizzato da Veronica Pecile.
Assumendo dunque una prospettiva sistemica a supporto della giustizia eco-sociale, tale pensiero può avere un effetto sulla progettazione, sia questa legata al prodotto, ai processi produttivi, agli ambienti (fisici, digitali, sociali, ludici, culturali) tutti intesi come piattaforme (materiali o immateriali) di collaborazione e co-progettazione.
Se si è capaci di adottare un simile approccio inteso come pratica di conoscenza applicata, che avanza per scoperta e non solo per analisi, allora la progettazione può riguardare, in primo luogo, la capacità di formulare domande progettuali cui rispondere progettando “spazi di possibilità”, di fattibilità. Esplorando i confini della creatività in dialogo con scienze sociali e umanistiche i giovani progettisti saranno in grado di avanzare proposte a supporto dei beni comuni consapevolmente, a partire dal progetto di nuovi contesti socio-materiali all’interno dei quali situare il proprio lavoro.
Se ascoltati e accompagnati nel progetto di quella domanda che nasce dal loro ascolto del mondo rispetto alle sfide globali con le quali – su diverse scale d’azione – ognuno di noi si trova quotidianamente a confronto, i/le designer possono immaginare nuovi modi per individuare e rispondere a problemi complessi, adattandosi alle tecnologie emergenti e rispondendo alle mutevoli esigenze della società.
Con l’occasione di pensare a una nuova scuola, l’Istituto Europeo di Design ha incarnato questi princìpi coordinando e condividendo tra tutte le sedi una visione d’insieme sotto il titolo
DesignXCommons
– da intendersi come progettazione applicata alla rigenerazione, all’integrazione e alla condivisione dei beni comuni (
commons
) – e ha progettato un’ampia gamma di Diplomi Accademici di Secondo Livello in continuità con la formazione triennale.
Un esempio? Si spazia dallo studio e l’utilizzo di materiali e fibre sostenibili all’adozione di pratiche circolari e metodi rigenerativi nei processi produttivi del design e della moda, dagli ecosistemi digitali funzionali alla narrazione della complessità, alla rigenerazione urbana e degli spazi pubblici, dagli ecosistemi naturali alle infrastrutture sociali, tutti intesi come piattaforme di co-progettazione e di collaborazione, includendo entità e sistemi più-che-umani, come la tecnologia e le altre specie.
In questi nuovi percorsi gli studenti amplieranno le competenze tecniche acquisite nei percorsi triennali, approfondendo un pensiero critico autonomo rispetto alle urgenti sfide del presente e sviluppando un approccio metodologico capace di provocare cambiamenti significativi, riconoscendo l’interdipendenza tra le decisioni progettuali e l'impatto su persone, società e ambiente.
Secondo la stessa logica, anche l’ambiente di apprendimento è pensato per essere continuo e dinamico, dimensione in cui gli studenti prenderanno parte attiva in progetti interdisciplinari insieme a esperti di diversi settori, sperimenteranno metodologie innovative, modelli di governance partecipativa e pratiche sostenibili, essenziali per il successo di interventi trasformativi e della gestione dei beni comuni.
Dal punto di vista accademico,
DesignXCommons
conferma che il design ha sempre avuto e continua ad avere un ruolo sociale fondamentale nel rendere accessibile il futuro che abbiamo in comune, oggi necessariamente attento nell’abbracciare i temi di equità, diversità, giustizia sociale ed ecologica, accessibilità alle risorse e ai servizi nella transizione verso il rinnovamento eco-sociale.
Progettare per i beni comuni significa chiedersi in quale mondo vorremmo vivere. Già rispondere a questa domanda apre spazi di possibilità, permettendo di individuare rotte di abitabilità virtuosa sul pianeta. Per fare questo è necessario dotarsi di grazia e capacità di sollecitudine, ascolto e attenzione, utilizzando il Design come una piattaforma trasformativa che, appunto, consenta, a priori e attraverso atti progettuali, una genuina cura del mondo.
STEFANO CARTA VASCONCELLOS, CARLOTTA CROSERA, MATILDE LOSI, JACOPO MANGANIELLO, ANGELA RUI
DesignXCommons Team - Bienni Specialistici IED Italia