한국   대만   중국   일본 
Morto lo scrittore John Barth, cambiò il modo di raccontare- Corriere.it

Morto lo scrittore John Barth, cambi? il modo di raccontare

di MATTEO PERSIVALE

L’autore americano aveva 93 anni. Nel 1973 vinse il National Book Award con ?Chimera?

Morto lo scrittore John Barth, cambiò il modo di raccontare

?Negli ultimi anni del diciassettesimo secolo si poteva incontrare, fra i tonti e i matti dei caff? di Londra, uno stangone allampanato di nome Ebenezer Cooke?. ? uno dei grandi incipit della letteratura americana ( Il coltivatore del Maryland , tradotto meravigliosamente, come sempre, da Luciano Bianciardi, per Rizzoli), e gli incipit erano uno dei mille talenti di John Barth, scomparso il 2 aprile a 93 anni. I necrologi parleranno del genio ?postmodernista? e della ?morte del romanzo? che lui — troppo sottile e intelligente — in realt? non annunci? mai, limitandosi a prendere atto di una semplice, spaventosa realt?: nell’era dell’atomo che aveva aperto lo spiraglio concreto dell’annientamento della vita umana sulla Terra, uno strumento vecchio quanto Cervantes, il romanzo, aveva bisogno di nuovi linguaggi, nuove regole, nuove idee. Di esplorare nuove possibilit?.

Jazzista mancato, arriv? nel panorama vivacissimo delle lettere americane nel 1956 con il suo primo romanzo, L’opera galleggiante , subito nominato per un National Book Award, un’altra nomination nel 1968 per La casa dell’allegria (Rizzoli) e finalmente la vittoria nel 1973 con il trittico di novelle Chimera , che incrocia i miti greci con Le mille e una notte .

Scrittore americanissimo tradotto negli anni Sessanta in Italia dai grandi — Bianciardi appunto, Aldo Buzzi, Pier Francesco Paolini — di recente non ha avuto grande fortuna editoriale nel nostro Paese: minimum fax ha riportato meritoriamente in vita L’opera galleggiante , i racconti scelti e La fine della strada, ma ? bizzarro che se di David Foster Wallace possiamo leggere nella nostra lingua anche la lista della spesa, invece del suo maestro conclamato mancano testi fondamentali.

Di quella straordinaria generazione ?post-modernista? — William Gass, Donald Barthelme, Stanley Elkin, John Gardner — ora resta soltanto Robert Coover, ultimo testimone del tentativo coraggioso e un po’ incosciente di trovare un linguaggio oltre il linguaggio, una struttura oltre la struttura.

Quei ragazzacci avevano in comune soprattutto la bravura mostruosa, l’assoluto dominio della tecnica perch? quello ci vuole per scrivere un romanzo nel quale dialogano tra loro, e con il loro autore, i protagonisti dei propri libri precedenti come fece Barth in Letters (1979). Classicista finissimo (come tutti i pi? grandi demolitori) indicava ne Le mille e una notte il libro della sua vita perch? pi? Barth fa lo slalom tra le convenzioni del romanzo pi? ci dimostra di essere innamorato, semplicemente, delle storie, e del loro potere misterioso. Vladimir Nabokov, al quale non piaceva per nulla la vista sul panorama letterario contemporaneo, era un grande ammiratore di Barth. E se oggi ammiriamo le acrobazie di Joshua Cohen e le eccentricit? di Donald Antrim e le tremolanti fondamenta del reale che caratterizzano il miglior Bret Easton Ellis (da Glamorama a Lunar Park ), ? anche grazie a Barth e ai suoi fratelli, che trovarono troppo limitata la tavolozza di colori ereditata dai padri nobili della generazione precedente, Hemingway e Fitzgerald, e risposero ?perch? no?? alla vecchia obiezione ?cos? non si pu? fare?. Il peggior omaggio che possiamo fare a Barth ? quello di considerarlo uno scrittore ?di moda? in un periodo storico ormai finito, un teorico del ?lo famo strano? nella nobile arte del romanzo. Il miglior omaggio? Aprire un suo libro, e ascoltare la sua voce.

3 aprile 2024 (modifica il 5 aprile 2024 | 20:57)