Villa Albrizzi, Franchetti
e una
villa veneta
situata a
San Trovaso
, frazione del comune di
Preganziol
(
Treviso
).
Fu innalzata tra il
1680
e il
1700
lungo il
Terraglio
, in uno dei luoghi di villeggiatura favoriti dai patrizi veneti.
Suoi primi proprietari furono i nobili Albrizzi, noti mercanti di stoffe. Tra loro,
Isabella Teotochi Albrizzi
che qui stabili il suo salotto letterario, in cui trovo posto anche
Ugo Foscolo
, che nel parco della Villa trovo ispirazione per comporre l'opera letteraria
Dei Sepolcri
. Passo in seguito alla contessa Ida Zeno Accurti e quindi acquistata dal barone Raimondo Franchetti. Tra gli eredi, da ricordare l'
omonimo nipote
, noto esploratore.
Danneggiata gravemente durante la
Grande Guerra
, nel
1973
Raimondo Nanuk Franchetti, ultimo proprietario, la vendette alla
provincia di Treviso
. Il complesso e stato recuperato dapprima come sede distaccata dello
IUAV
, poi come ufficio di rappresentanza della
provincia di Treviso
. La villa e oggi proprieta della
Provincia di Treviso
che l'ha concessa in gestione alla
Fondazione Cassamarca
.
Il corpo centrale ha le forme tipiche dei palazzi signorili veneti per la facciata e il frontone centrale con un
timpano
. Sul davanti, sia al primo che al secondo piano, vi sono due balconate a tre luci. All'interno, le sale e le stanze sono ornate da
stucchi
settecenteschi.
L'interno ha la consueta pianta della
villa veneta
, con grande sala centrale e quattro (in origine cinque) stanze ai lati. La sala centrale al pian terreno e decorata con semplici stucchi risalenti alla fine del Settecento. Quattro putti, ciascuno in un
sovrapporta
, simboleggiano le quattro stagioni: sulla parete nord il primo, coperto da un velo e recante in mano un mazzo di fiori, rappresenta la Primavera, il secondo, con una fascina di frumento sulle spalle, l'Estate. Nella parete sud sono invece rappresentati l'Inverno (un putto infreddolito che cerca di scaldarsi le mani al tepore di un piccolo fuoco) e l'Autunno (un putto recante una canestra di frutta e dall'uva).
Al corpo centrale sono affiancate due barchesse opere dell'architetto
Andrea Pagnossin
. Piu tarde rispetto al palazzo e leggermente piu arretrate, hanno entrambe pianta a "L". Le facciate prospicienti il
Terraglio
sono caratterizzate da una parte centrale a tempio con colonnato e da due ali con tre aperture rettangolari per lato, sormontate da aperture rettangolari.
La barchessa a sud, costruita verso il 1710, fu decorata nel corso del settecento da
Mattia Bortoloni
e
Gerolamo Mengozzi-Colonna
[1]
con un ampio ciclo mitologico che doveva illustrare agli ospiti la gloria degli
Albrizzi
, il loro amore per la pittura, l'architettura, la scultura e la musica, oltre che per la caccia e l'agone fisico: la sala Sud e infatti decorata con
La corsa con le bighe
,
Il lancio del disco
,
Il pugilato
e
La lotta libera
. Un ciclo di affreschi dedicati ai giochi non era consueto nelle
ville venete
e stupi piacevolmente
Goethe
; egli scrisse infatti:
≪L'uomo puo meglio conoscersi nel gioco, giacche le sue passioni vi si mostrano evidenti come in uno specchio
[2]
.≫
Quattro elaborate finte cornici racchiudono le raffigurazioni di altrettante discipline:
La corsa con la biga
,
Il lancio del disco
,
Il pugilato
,
La lotta libera
.
Sul fastigio delle cornici, dei cartigli riquadrano figure monocrome simbolizzanti i quattro Continenti.
Nei riquadri angolari delle volte quattro monocromi raffigurano gruppi di putti intenti in giochi infantili: le capriole, la corsa, la piramide e il giuoco del "pantoco" o "campanon".
Al centro del soffitto, in un riquadro centro tracce del
Trionfo dell'atleta
.
Tra un finto colonnato di ordine corinzio sono inserite delle nicchie con figure allegoriche: sulla parete sud l'
Astronomia
, la
Scultura
e la
Poesia
, sulla parete nord l'
Architettura
, la
Pittura
e la
Musica
. Sulle altre due pareti due personaggi di casa Albrizzi, forse
Almoro Albrizzi
e
Giorgio Battista I Albrizzi
, procuratore di San Marco.
Alle pareti sono riconoscibili: a nord
La caccia al leone
, ad est
La caccia al cinghiale
o
Mito di
Meleagro
, figlio del re di Calidone
, a sud
La caccia alla colomba con il falcone
, a ovest
La caccia al cervo
o
Mito di
Atteone
.
Sopra la porta che si apre nella parete nord e affrescato un ovale monocromo raffigurante
Diana
e
Endimione
. Il corrispondente ovale sulla parete sud e ormai illeggibile.
Sul soffitto dalle volte a padiglione corre un ballatoio dipinto a
trompe l'oeil
. Sotto due dei quattro balconcini due mascheroni dipinti raffigurano
Atropo
, la parca che recide il filo della vita, e un volto digrignante incorniciato de un velo, simboli della morte e della fugacita della vita. Sotto gli altri due, in corrispondenza della caccia al cervo e al cinghiale, sono invece dipinti dei teschi di cavallo e di cane. Sui pennacchi delle volte quattro finte cornici riquadrano degli amorini monocromi recanti un otre, una freccia, una torcia e un uccellino, simboli probabilmente dei quattro elementi. Nel riquadro centrale della volta sono affrescati vari trofei e strumenti della caccia.
La barchessa nord, pur identica a quella sud nel disegno architettonico della facciata e nella pianta a "L", venne realizzata qualche anno piu tardi, verso il 1720.
Destinata ad uso prettamente agricolo, fu adibita verso il 1887 dal barone
Raimondo Franchetti
a sua abitazione e per questo ampiamente rimaneggiata. La sala centrale, che l'esploratore destino a stanza dei trofei di caccia, conserva sul soffitto un'interessante decorazione.
Il parco, gia all'italiana, fu trasformato nel corso dell'Ottocento secondo la moda all'inglese. Molto vasto, fu ampliato ulteriormente da
Raimondo Franchetti
il quale lo arricchi di piante esotiche provenienti dai numerosi luoghi che aveva visitato. Questi vi fece costruire anche diversi fabbricati.
Il
berceau
di villa Franchetti e un piccolo edificio a pianta ottagonale con una loggia a cui si accede tramite una breve scalinata che corre lungo tutto il perimetro, ornata da colonne in pietra che sorreggono archi a sesto acuto. Secondo la moda romantica veniva usato per leggere e conversare immersi nella natura.
La lunga costruzione con pianta a T, parzialmente distrutta da un incendio nel 1968, veniva usata per il gioco della "borela". Lo scopo del gioco era colpire al volo con una boccia di legno tre birilli messi in fila da una distanza di circa venti metri.
Realizzato insieme alla vicina Serra piccola attorno al 1894, fu voluto dalla moglie di Raimondo, Sara Luisa de Rothschild, appassionata cinofila.
Il recinto, con pianta a sedici lati, era un tempo coperto da un tetto in vetri bianchi e blu (i colori di casa Franchetti). rimangono oggi solo i pilastri in marmo di Verona.
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R. Domenichini, Girolamo Mengozzi Colonna, in “Saggi e Memorie di Storia dell'Arte”, 28, 2004, pp. 169-291
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Viaggio in Italia, 15 marzo 1783
- AA VV,
Ville venete: la provincia di Treviso
, a.c. di Zucchello, Pratali Maffei, Ulmer, Marsilio editore, 2001.
- Adriano Favaro,
Isabella Teotochi Albrizzi
, Gaspari Editore, Udine 2003. Prefazione di Alvise Zorzi, con un saggio critico di Elena Brambilla. In appendice la Guida alla Villa Albrizzi-Franchetti.