Nell'ambito dell'ideologia
fascista
la
locuzione
socializzazione dell'economia
indica una teoria proclamata, e in parte applicata, nella
Repubblica Sociale Italiana
di trasformazione sociale dell'
economia
, nella quale la proprieta dei
mezzi di produzione
non e piu esclusiva del
capitalista
, ma partecipata con i lavoratori impiegati nell'azienda.
Il principale provvedimento legislativo per la sua attuazione fu il
Decreto sulla socializzazione delle imprese
del febbraio 1944, oltre a vari riferimenti normativi nella
bozza della Costituzione della Repubblica Sociale Italiana
del dicembre 1943.
Il termine venne coniato nel 1943 per indicare una dottrina economica concepita dal
fascismo
all'interno del sistema economico
corporativista
della
Repubblica Sociale Italiana
, ma i prodromi vanno individuati nella
Carta del Carnaro
promulgata a
Fiume
nel 1920, nella
Carta del Lavoro
del 1927 e nella
corporazione proprietaria
ideata da
Ugo Spirito
nel 1932, ovvero la
corporazione
che diventa proprietaria dell'azienda, ricercando l'equilibrio tra le due componenti della produzione, ovvero
lavoro
e
capitale
.
[1]
Nel 1928 Mussolini ebbe a dire:
≪Come il secolo scorso ha visto l'economia capitalistica, il secolo attuale vedra l'economia corporativa... Bisogna mettere sullo stesso piano capitale e lavoro, bisogna dare all'uno e all'altro uguali diritti e uguali doveri.
[2]
≫
La socializzazione fascista avrebbe dovuto costituire nelle intenzioni dei suoi proponenti la
terza via
nei confronti dei due maggiori sistemi economici del
Novecento
(il
capitalismo
e il
bolscevismo
) sia per quanto riguarda l'economia sia per i suoi riflessi sul piano sociale.
Prese parte al suo sviluppo anche il comunista
Nicola Bombacci
che contribui a quest'opera riprendendo tra l'altro le teorie dell'anarchico ucraino
Nestor Ivanovi? Machno
, dal
fabianesimo
e dal
distributismo
geselliano
. Amico di vecchia data di
Benito Mussolini
, nonche condivisore degli ideali socialisti del fascismo delle origini, Bombacci collaboro a questa politica economica della Repubblica Sociale Italiana senza tuttavia rinnegare i propri ideali comunisti, ma sforzandosi di farli collimare con la politica sociale fascista.
Nel Manifesto di Verona, sbandierando il carattere sociale del nuovo Stato, i fascisti chiamarono le rappresentanze dei tecnici e degli operai a cooperare nella gestione delle aziende e nella ripartizione dei loro utili (articolo 12). Tale sviluppo dell'economia corporativa era gia stato accennato da Mussolini in un discorso alle Corporazioni del 23 marzo 1936:
≪Questa trasformazione costituzionale di un vasto importante settore della nostra economia si fara senza precipitazione, con calma, ma con decisione fascista... In questa economia i lavoratori diventano ? con pari diritti e pari doveri ? collaboratori dell'impresa, allo stesso titolo dei fornitori di capitale o dei dirigenti tecnici.
[3]
≫
La socializzazione si trovo affiancata agli altri due capisaldi dell'ideologia economica del fascismo, cioe il
corporativismo
e la
fiscalita monetaria
, come base del sistema politico della
democrazia organica
.
Storia della socializzazione delle imprese nella Repubblica Sociale Italiana
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Tale teoria
economica
venne elaborata e prevista nel
Manifesto di Verona
, documento che conteneva il programma politico del
Partito Fascista Repubblicano
, allora alla guida della neo costituita
Repubblica Sociale Italiana
. Il manifesto fu presentato durante il
Congresso di Verona
il 14 novembre 1943. Fino ad allora secondo i fascisti intervenuti a
Verona
, ogni realistico tentativo di apporre piu ardite modifiche al sistema economico italiano era naufragato di fronte all'ostracismo dei poteri economici definiti come
plutocrazia
.
Fu Mussolini gia il 23 settembre 1943 nel formare il governo a volere l'istituzione del ministero dell'Economia corporativa, nominando ministro prima Silvio Gai e dal 1º gennaio 1944
Angelo Tarchi
. Fu quest'ultimo ad accelerare la stesura del decreto legge sulla socializzazione e a lui, insediatosi nella sede del ministero a
Bergamo
, venne assegnato la direzione della socializzazione.
La socializzazione delle imprese, vista con sospetto e boicottata dalla
Germania nazionalsocialista
, venne disposta inizialmente con l'apposito
decreto sulla socializzazione
, entrato in vigore all'inizio del 1944 (D.Lgs. 12 febbraio 1944, n. 375, a firma di Mussolini unita a quelle di
Domenico Pellegrini Giampietro
e
Piero Pisenti
) e che si incentrava sulla novita dei
Consigli di Gestione
, ma ebbe tuttavia scarsa applicazione sperimentale e non pote incidere nel creare consenso attorno a esso e rilanciare decisamente la produzione bellica, per altro rigidamente controllata dai tedeschi occupanti e da essi in larga misura assorbita.
Il 20 giugno 1944 infatti, ossia appena quattro mesi dopo il decreto legislativo, il dirigente della federazione fascista degli impiegati del commercio
Anselmo Vaccari
in un rapporto diretto a Mussolini riporto quanto segue: ≪I lavoratori considerano la socializzazione come uno specchio per le allodole, e si tengono lontano da noi e dallo specchio. Le masse ripudiano di ricevere alcunche da noi. E questo un preconcetto ed un preconcetto malevolo, perche i lavoratori italiani furono portati da Voi su un piano di dignita prima sconosciuto. La massa ragiona, anzi “sragiona”, in un modo assai strano. (…) La massa dice che tutto il male che abbiamo fatto al popolo italiano dal 1940 a oggi supera il grande bene elargitole nei precedenti venti anni e attende dal compagno Togliatti, che oggi pontifica da Roma in nome di Stalin, la creazione di un nuovo Paese di Bengodi≫.
[4]
A seguito del
discorso della riscossa
nel dicembre 1944, due mesi dopo nascera un secondo partito nella RSI, il
Raggruppamento Nazionale Repubblicano Socialista
guidato da
Edmondo Cione
, che ufficialmente fara della
socializzazione delle imprese
una questione ancora piu capitale.
L'attuazione integrale della socializzazione era prevista per il
25 aprile 1945
.
[5]
Difatti il 25 aprile 1945 tra i primi atti politico-amministrativi del
Comitato di Liberazione Nazionale
dopo la sconfitta del fascismo nel Nord Italia vi fu proprio l'
abrogazione
del D.Lgs sulla socializzazione, definita da esso un tentativo ≪di aggiogare le masse lavoratrici dell'Italia occupata al servizio ed alla collaborazione con l'invasore≫.
[6]
Il decreto si componeva di 46 articoli divisi in 3 Titoli:
Nome sezione
|
Titolo
|
Articoli
|
Titolo I
|
Della socializzazione della impresa
|
1 - 30
|
Sezione I
|
Amministrazione delle Imprese socializzate
|
1 - 21
|
Sezione II
|
Responsabilita del capo dell'impresa e degli amministratori
|
22 - 30
|
Titolo II
|
Del passaggio delle imprese di proprieta' dello stato
|
31 - 43
|
Titolo III
|
Determinazione e ripartizione degli utili
|
44 - 46
|
Il provvedimento riguardava in particolare le imprese private che al 1º gennaio 1944 avessero almeno un milione di Lire di capitale o impiegassero almeno 100 lavoratori (art. 1). Venivano delineati come organi delle imprese: il capo dell'impresa, l'assemblea, il
consiglio di gestione
, il
collegio dei sindaci
, il
collegio dei revisori
(art. 2).
Le caratteristiche salienti della
socializzazione
erano:
- l'elezione dei membri dei consigli collegiali, in tutto o in parte, da parte dei lavoratori dell'impresa (art. 3 - 5);
- l'elezione del
capo d'impresa
da parte dell'assemblea (art. 9) o nominato per decreto dal Ministro dell'economia corporativa, se trattasi di impresa pubblica o a carattere pubblico (art. 13);
- la responsabilita del
capo d'impresa
di fronte allo Stato per l'andamento della produzione (art. 22 / 27);
- la nazionalizzazione delle imprese nei settori giudicati strategici o comunque la partecipazione al capitale (art. 31);
- l'istituzione di un
Istituto di Gestione e Finanziamento
per controllare e correggere l'indirizzo della produzione nei vari settori (art. 37);
- la distribuzione di una parte degli utili tra tutti i lavoratori dell'impresa e un'altra parte data all'IGF (art. 46).
- ^
Il comunista in camicia nera, Nicola Bombacci tra Lenin e Mussolini
, Arrigo Petacco, Mondadori, 1997.
- ^
Discorso al Congresso Nazionale dei Sindacati Fascisti in Roma, 7 maggio 1928.
- ^
Discorso in Campidoglio all'Assemblea Nazionale delle Corporazioni sul piano regolatore della nuova economia italiana, 23 marzo 1936
- ^
Rapporto Vaccari
al Duce, in: Santo Peli,
Storia della Resistenza in Italia
, Einaudi, Torino, 2006,
ISBN 88-06-18092-4
, p. 69; Edoardo e Duilio Susmel
Opera Omnia di Benito Mussolini
, La Fenice, Firenze; F. Deakin,
Storia della Repubblica di Salo
, Einaudi, Torino, 1963; Gianni Oliva,
La Repubblica di Salo
, Giunti, 1997.
- ^
Antonio Fede,
Appunti critici di storia recente
, Ed. Coop. Quilt, Messina 1988, p. 41.
- ^
C.L.N., Bollettino ufficiale degli atti del C.L.N.-Giunta regionale di governo per il Piemonte, 25 aprile 1945, tratto da Perticone G.,
La repubblica di Salo
, ed. Leonardo, Roma, 1947.
- E. Amicucci,
I 600 giorni di Mussolini
, Faro, Roma 1948.
- Giorgio Bocca
,
Mussolini socialfascista
, Milano, Garzanti, 1983.
- Paolo Buchignani,
Fascisti rossi
, Mondadori, 1998.
- Arrigo Petacco
,
Il comunista in camicia nera, Nicola Bombacci tra Lenin e Mussolini
, Mondadori, 1997.
- Claudio Schwarzenberg,
Il sindacalismo fascista
, Mursia, 1972.
- Verbali del Consiglio dei Ministri della Repubblica Sociale Italiana - settembre 1943 - aprile 1945
(Ministero dei Beni e Attivita Culturali - a cura di Francesca Romana Scardaccione, 2002,
ISBN 88-7125-219-5
)
[Testo integrale]
- Storia della Repubblica Sociale Italiana
(
Edmondo Cione
, Caserta, Il Cenacolo, 1948, nuova edizione: Latinitas, 1951).