Il messo celeste, illustrazione di
Gustave Dore
Il
canto nono
dell'
Inferno
di
Dante Alighieri
si svolge nel
sesto cerchio
, la citta di
Dite
, ove sono puniti gli
eretici
; siamo all'alba del 9 aprile
1300
(
Sabato Santo
), o secondo altri commentatori del 26 marzo
1300
.
≪Canto nono, ove tratta e dimostra de la cittade c’ha nome Dite, la qual si e nel sesto cerchio de l’inferno e vedesi messa la qualita de le pene de li eretici; e dichiara in questo canto Virgilio a Dante una questione, e rendelo sicuro dicendo se esservi stato dentro altra fiata.≫
Virgilio parla con i demoni
,
Giovanni Stradano
(
1587
)
Priamo della Quercia
, illustrazione al Canto IX
Il nono canto presenta un crescendo di immagini che e stato definito "teatrale", con una rappresentazione dell'azione ben calibrata grazie ai personaggi che entrano in scena uno dopo l'altro.
All'inizio del canto Dante e preoccupato (e ricaccia il proprio pallore) perche vede tornare Virgilio sconsolato dal colloquio con i diavoli, i quali in risposta alle parole del "duca" (che Dante non sente) gli sbattono la porta delle mura della citta di Dite in faccia. Virgilio e vago, e si ferma ad aspettare qualcosa: sa che loro passeranno comunque la citta e forse sta preannunciando l'arrivo di un qualcuno inviato da Dio che gli aprira il passo. Virgilio pero e titubante (proprio lui che rappresenta la ragione usa un "
se non.."
lasciato a meta), e non vede l'ora che arrivi colui che un Tale (
Gesu Cristo
, che non viene mai nominato nell'Inferno, o forse
Beatrice
, che si era mossa in aiuto di Dante?) ha sollecitato.
Dante, che in questo canto parla molto spesso "da scrittore" al lettore, fa notare che si era ben accorto della titubanza e del discorso iniziato e non finito, ma anzi sostituito da un altro della sua guida, e si intimorisce del senso probabilmente peggiore che Virgilio aveva voluto nascondergli.
Allora Dante, che, come si e visto sul finire del canto precedente, e pieno di paura perche non vede via d'uscita, chiede un po' ingenuamente, ma molto realisticamente, se lui, Virgilio, fosse mai arrivato in fondo all'Inferno, usando pero una garbata perifrasi: "
Vi e mai alcuna delle anime del
Limbo
, quelle che penano perche non vedono Dio, che scenda in fondo alla triste fossa infernale?
"
Virgilio risponde allora rincuorando Dante e gli spiega che e una cosa molto rara, ma che egli stesso e sceso fino al cerchio piu stretto, il nono (il "
cerchio di
Giuda
"), inviato dalla maga Erictho o
Eritone
, che lo incarico di andare a prendere un'anima da riportare in vita, al tempo in cui Virgilio era morto da poco. Per questo egli, non solo e gia entrato nella citta, ma sa bene il cammino per arrivare fino al punto piu fondo e oscuro, che e anche quello piu lontano dal cielo.
Il riferimento a Eritone prende spunto dalle
Pharsalia
di
Lucano
, ma e molto rielaborato con aggiunte originali di Dante. In Lucano Eritone e una fattucchiera in grado di rianimare i morti. Essa aveva richiamato un defunto alla vita affinche esso, con il potere di preveggenza tipico di chi ormai abita l'oltretomba, rivelasse a
Pompeo
l'esito della
battaglia di Farsalo
. Non c'e nessun riferimento al fatto che un'altra anima dovesse accompagnare il morto resuscitato, ne tantomeno che questa fosse Virgilio, quindi e tutta farina del sacco dell'Alighieri. Semmai si potra riscontrare come anche la
Sibilla
nell'
Eneide
, guidando
Enea
nell'oltretomba, dichiarasse di conoscere gia quel mondo per esserci gia discesa (
Eneide
, VI 565). In ogni caso bisogna prendere le distanze dalla figura medievale del
Virgilio Mago
, che Dante non concepiva, e che semmai in questo caso evoca solo un'atmosfera soprannaturale e fantastica sulla quale il canto e imperniato. In ogni caso le gesta di Eritone fanno da spunto a Dante per altri brani del canto, anche se Dante non la cita piu: in Lucano si trovano infatti le
Erinni
che abitano lo
Stige
,
Medusa
scacciata dalla minaccia di un dio che la sconfigga, il sepolcreto dove abita Eritone: tutte immagini che si ritrovano nei versi successivi.
Le Erinni, immaginate da
Gustave Dore
Virgilio continua a parlare di come sia normale incontrare resistenza alle mura di Dite, ma Dante ormai non lo ascolta piu perche e attratto da un'altra visione sconvolgente. Cambio di scena quindi, adesso il poeta ci fa mettere a fuoco un'altra direzione, la torre infuocata che gia aveva notato all'approssimarsi alle mura, sulla quale si alzano di scatto tre furie infernali. Esse sono le
Erinni
, "
di sangue tinte
", con corpi e atteggiamenti femminili (
membra
e
atto
) e circondate o vestite da serpenti verdi. Altri serpenti poi hanno per capelli, avvinghiati alle tempie, e vengono subito riconosciute come le serve (
meschine
, dal
provenzale
mesqui
) di
Persefone
, la regina dei lamenti eterni dell'Inferno. Virgilio le indica: all'angolo sinistro (
canto
come
cantuccio
)
Megera
, a destra
Aletto
, che piange, e
Tesifone
nel mezzo. Come le donne ai funerali esse si disperano, si graffiano il petto e si battono i palmi delle mani.
Dante e piuttosto terrorizzato e si stringe a Virgilio, quando le Erinni si precipitano minacciose verso i due:
"Vieni
Medusa
, la
Gorgone
, cosi lo possiamo pietrificare... facemmo male a non vendicare l'assalto di
Teseo
a
Cerbero
quando scese nell'Inferno, perche ora i vivi non son piu scoraggiati ad avventurarsi nel regno dei morti
". A queste parole Virgilio intima a Dante di chiudere gli occhi e mette le sue stesse mani a tappare con sicurezza le pupille del discepolo.
Il messo celeste immaginato da
William Blake
A questo punto Dante si rivolge di nuovo a lettore, dicendogli di "mirare", cioe guardare il senso nascosto (
"la dottrina che s'asconde
") sotto il velo dei versi "strani": un chiaro invito a cogliere l'
allegoria
della prossima scena, che e tutt'altro che chiara ancora oggi.
Intanto quello che accade "sopra al
velame
" e che dalla palude proviene un fracasso, che come il vento impetuoso che fracassa i rami degli alberi nel bosco e fa fuggire le pecore e i pastori, cosi Dante vede, con gli occhi liberati dalla protezione di Virgilio,
uno
che viene su per la palude senza bagnarsi. Le anime dei dannati fuggono alla sua presenza, come fanno le rane che scappano tutte quando si avvicina una biscia, e questo essere miracoloso procede diretto scacciando i fumi che ha davanti al viso con la sinistra, perche con la destra regge una
verghetta
. Non si preoccupa di niente, solo i vapori gli disturbano la vista (
"sol di quell'angoscia parea lasso
", v. 84), e allora Dante lo riconosce come colui "
dal ciel messo
", che oggi viene indicato come l'angelo o come il
messo celeste
. Esso tocca la porta e l'apre toccandola appena con la verghetta, mentre rimprovera i diavoli che sono tutti spariti. Gli ricorda anche come
Cerbero
, che voleva impedire il passaggio di
Ercole
nell'inferno, porti ancora i segni della lotta perduta contro l'eroe sostenuto dalla volonta divina. Fatto questo il messo si volta e se ne va, con arie d'urgenza, senza curarsi minimamente dei due poeti.
Dopo la descrizione della scena e lecito domandarsi
quale
fosse il senso allegorico che Dante ha voluto inculcarvi e che riteneva cosi importante da fare un richiamo esplicito al lettore di cercarlo. La questione e tutt'altro che semplice e, a differenza per esempio delle allegorie della
selva oscura
(
Canto I
), qui gli studiosi si sono spremuti senza arrivare ad alcuna conclusione definitiva. Alcuni commentatori hanno riferito l'invito alla sola scena dell'arrivo del messo, altri a tutto il canto.
Un esempio di interpretazione generale puo essere il seguente: la ragione, simboleggiata da Virgilio, non basta da sola ad affrontare e dominare i peccati di "malizia" (cioe i peccati commessi con volonta, non per incontinenza) puniti dentro la citta di Dite; essa e ostacolata dalle tentazioni (i diavoli), dai rimorsi (le Erinni) e dalla disperazione che segue il rimorso e "pietrifica il cuore" (Medusa); la ragione puo aiutare quel tanto che basta per cavarsela nell'immediato (Virgilio che si cura di coprire gli occhi a Dante), ma e solo tramite la grazia divina (il
messo
) che si puo arrivare a una definitiva debellazione del peccato.
Anonimo Pisano, il messo celeste (
1345
)
Il senso generale dovrebbe essere simile a questo, sebbene i vari personaggi minori assumano da commentatore a commentatore i piu vari significati. Pero pesa anche il fatto che questa spiegazione non possa essere capita da chi legga il poema linearmente da capo a fondo, perche la distinzione dei peccati puniti entro o fuori dalle mura di Dite viene esplicata solo nel
canto XI
. Non e d'altronde chiaro se Dante proprio a causa della chiarezza non immediata avverta il lettore di stare attento e magari ricordare dopo come interpretare la scena.
Il cimitero degli eretici, illustrazione di Gustave Dore
I due poeti a questo punto non trovano piu nessun ostacolo ad entrare nella citta e attraversano le mura. Il cambio di situazione e totale: dall'affollamento e l'azione dei versi immediatamente precedenti, si passa al deserto del cimitero, seppure punteggiato dai soliti lamenti dei dannati. Al lettore moderno magari puo impressionare il fatto che dentro le mura della citta invece di trovare case e persone i due poeti trovano l'esatto opposto cioe un cimitero: bisogna comunque pensare che al tempo di Dante i cimiteri si potevano ancora trovare dentro le mura, e che il divieto a seppellire dentro il centro delle nostre citta risale solo all'epoca napoleonica.
Dante quindi si guarda attorno e lo stuolo di tombe gli ricorda due famosi cimiteri medievali: quello di
Arles
(l'odierno
Cimetiere des Alyscamps
) e quello di
Pola
(oggi scomparso). Dalle fosse (gli
avelli
) scoperchiate escono fiamme, che basterebbero ad un fabbro per qualsiasi opera (
"che ferro piu non chiede verun' arte"
). Dante chiede chi sia sepolto qui e Virgilio risponde gli eresiarchi, cioe i fondatori di eresie, ma vedremo nel canto successivo che qui sono puniti anche (e soprattutto) i seguaci, ma sara un caso voluto o meno da Dante, si incontreranno solo i negatori della vita ultraterrena, gli atei o
epicurei
o
monofisiti
. In ogni caso Virgilio avverte che in ogni sepolcro sono puniti seguaci di dottrine analoghe, quindi non ci si dovrebbe sorprendere di trovare nel prossimo canto solo epicurei, perche viene descritto un sepolcro solo.
Pero e anche da sottolineare che il
contrappasso
si addice solo agli epicurei: per
analogia
, poiche essi negarono la vita dopo la morte, essi sono morti tra i morti.
Dal canto precedente Dante ha intensificato il rivolgersi in prima persona al lettore (
"Pensa lettor"
). La critica dantesca, soprattutto contemporanea, si e concentrata sul metodo di narrazione del poema, con una dicotomia tra il Dante personaggio e il Dante che scrive del suo viaggio. In realta si deve innanzitutto notare che anche il personaggio dello "scrittore che parla in prima persona" e un'invenzione e non coincide con il vero "Dante persona reale": basti pensare al fatto che l'
io narrante
ci parla di un
viaggio immaginario
come se fosse vero in tutto per tutto, quindi guardando oltre la
finzione
, esiste il vero Dante nell'ombra che sta inventando la storia.
Il narratore usato e quindi solo la proiezione in un tempo futuro del Dante pellegrino nell'oltretomba, che rende testimonianza del viaggio fantastico in un secondo momento. Anche il momento in cui parla il narratore e un presente fittizio, staccato dal tempo della vera biografia dell'Alighieri storico-anagrafico. Questo presente fittizio e un momento indefinito che si rinnova ogni volta che un lettore intraprende la lettura dei versi.
Inoltre esiste un livello simbolico nella Divina Commedia: il viaggio di Dante rappresenta il cammino di ciascun individuo verso la redenzione, quindi si puo dire che esista anche un "quarto" Dante che agisce nel poema a rappresentazione dell'intera umanita cristiana.