≪Siamo un corpo solo: banditi, polizia e mafia! Come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo!≫
Gaspare Pisciotta (a sin.) assieme a
Salvatore Giuliano
Gaspare Pisciotta
(
Montelepre
,
5 marzo
1924
?
Palermo
,
9 febbraio
1954
) e stato un
criminale
italiano
, personaggio della storia criminale
siciliana
del
secondo dopoguerra
.
Gaspare Pisciotta nacque a
Montelepre
nella
Sicilia
occidentale il 5 marzo
1924
; non era cugino di Salvatore Giuliano, come talora affermato da taluni
[1]
, ma si conobbero da bambini e diventarono amici da ragazzi. Era infatti uso, al tempo, chiamare "cugino" un amico stretto. Mentre Giuliano rimase a Montelepre durante la guerra, Pisciotta si arruolo nell'esercito e fini recluso in un
campo di prigionia
in
Germania
[2]
.
Torno a Montelepre nel giugno del 1944
[3]
, malato di
tubercolosi
, dove si uni alla campagna separatista di Giuliano, diventando uno dei primi membri della banda. La malattia lo afflisse per molti anni, tanto che Giuliano stesso, preoccupato per la sua salute, fece di tutto e spese una fortuna per procurargli la
streptomicina
, medicinale difficilmente reperibile in Italia a quell'epoca.
[4]
Il 1º maggio
1947
fu uno dei responsabili della
strage di Portella della Ginestra
, quando la banda Giuliano sparo contro i manifestanti socialisti e comunisti riuniti a
Piana degli Albanesi
(provincia di Palermo) per festeggiare la
festa dei lavoratori
e la vittoria elettorale del
Blocco del Popolo
, uccidendo 11 persone (anche bambini) e altre 27 rimarranno ferite
[2]
.
Il 9 dicembre
1950
, Pisciotta fu catturato a Montelepre nella sua abitazione (si nascondeva in una botola armato di
pistola
) dagli uomini al comando del questore di Palermo,
Carmelo Marzano
, che commento cosi l'arresto: ≪
lo i banditi li prendo vivi
≫, con chiaro riferimento all'operato poco chiaro dei
Carabinieri
[5]
[2]
in relazione alla morte di
Salvatore Giuliano
, avvenuta nel
luglio
precedente ufficialmente per mano del
capitano
Antonio Perenze
in un improbabile scontro a fuoco a
Castelvetrano
. Nel giro di una settimana da questo fatto, due giornalisti della rivista
L'Europeo
,
Tommaso Besozzi
e
Nicola Adelfi
, smontarono la versione ufficiale sulla morte del bandito (con due articoli dal titolo eloquente ≪
Di sicuro c'e solo che e morto
≫ e ≪
Lo uccise nel sonno Pisciotta
≫) ed indicarono da subito come reale assassino Gaspare Pisciotta
[6]
[2]
.
La madre di
Salvatore Giuliano
presento un esposto alla magistratura in cui accusava Pisciotta come un potenziale traditore del figlio
[2]
. L'11 aprile 1951, al processo di Viterbo, Pisciotta presento una dichiarazione scritta con la sorprendente rivelazione che fu lui ad uccidere Giuliano su mandato del ministro degli Interni
Mario Scelba
, contraddicendo un precedente interrogatorio in cui negava tutto.
[7]
[8]
Il 24 aprile successivo, interrogato dai magistrati, l'avvocato Gregorio De Maria (proprietario dell'abitazione di
Castelvetrano
in cui fu trovato il corpo di Giuliano) confermo il racconto di Pisciotta e costrinse il capitano Perenze a dare una nuova versione completamente differente dalla precedente: Pisciotta era diventato confidente del
Comando forze repressione banditismo
, guidato dal colonnello
Ugo Luca
, con cui entro in contatto attraverso un
mafioso
di
Monreale
, Benedetto Minasola, e i Carabinieri gli fornirono una tessera di riconoscimento che gli permetteva di circolare liberamente nonostante fosse latitante, ospitandolo addirittura presso l'abitazione del capitano Perenze; aveva raggiunto un accordo con il colonnello Luca per fare arrestare Giuliano, che pero scopri in anticipo il suo doppio gioco e, dopo un alterco avuto in casa De Maria, Pisciotta inaspettatamente lo uccise nel sonno, circostanza che costrinse gli uomini del colonnello Luca e del capitano Perenze ad inscenare una sparatoria per evitare di "bruciarlo" e continuare cosi la sua opera di confidente sotto copertura
[2]
. Nel corso del processo di Viterbo emerse che Giuliano era stato informato del tradimento di Pisciotta dall'ex
Ispettore generale di Pubblica Sicurezza
Ciro Verdiani
, che si era gia incontrato con i due banditi nel
Natale
1949
nonostante fossero entrambi latitanti.
[2]
Ad oggi, esistono cinque versioni differenti sulla fine del bandito
[9]
. Nel 1970 alcuni superstiti della banda Giuliano testimoniarono davanti alla
Commissione parlamentare antimafia
che al processo di Viterbo Pisciotta aveva mentito sulla morte di Giuliano, probabilmente per depistare le indagini e nascondere il vero colpevole.
[2]
All'udienza del 14 maggio 1951 del processo relativo al
massacro di Portella della Ginestra
(1º maggio 1947) che si tenne a
Viterbo
, Pisciotta prese la parola ed, inaspettatamente, dichiaro: ≪
Coloro che ci avevano fatto le promesse si chiamavano cosi: il deputato
DC
Bernardo Mattarella
, il
principe Alliata
, l'onorevole monarchico
Marchesano
e anche il signor
Scelba
. I primi tre si servivano di Geloso Cusumano come ambasciatore. (…) Furono Marchesano, il principe Alliata, l'onorevole Mattarella a ordinare la strage di Portella della Ginestra (…) Prima del massacro incontrarono Giuliano (…)
≫
[10]
. Pisciotta racconto anche di una lettera firmata dal ministro Scelba che fu recapitata a Giuliano il 27 aprile 1947, nella quale commissionava la strage di Portella della Ginestra in cambio dell'
amnistia
per tutti i membri della banda, e che Giuliano aveva distrutto immediatamente.
[10]
[2]
Secondo Pisciotta, il testo della lettera sarebbe stato il seguente: ≪
Caro Giuliano, noi siamo sull’orlo della disfatta del comunismo. Col vostro e col nostro aiuto noi possiamo distruggere il comunismo. Qualora la vittoria sara nostra voi avrete l’impunita su tutto.
≫
[10]
[2]
In un'altra udienza, tenutasi il 20 luglio 1951, mentre stava testimoniando l'ex
Ispettore generale di Pubblica Sicurezza
Ettore Messana
, Pisciotta si alzo in piedi e lo accuso di aver fornito alcuni
mitra
al bandito Salvatore Ferreri (detto
Fra' Diavolo
) che servirono per la strage di Portella della Ginestra.
[11]
La sentenza della Corte di assise di
Viterbo
, che concluse quel processo, dichiaro infondate le accuse di Pisciotta. Anche il Pubblico Ministero nella sua requisitoria al processo di Viterbo
[12]
aveva definito inaffidabile Pisciotta, che aveva fornito nove diverse versioni della strage e inattendibili le sue accuse contro
Mario Scelba
,
Giovanni Alliata
,
Tommaso Leone Marchesano
,
Giacomo Cusumano Geloso
e
Bernardo Mattarella
. Del resto, che l'atteggiamento di Pisciotta facesse parte di una manovra organizzata per depistare era stato dichiarato nel corso del processo dalla stessa madre di Giuliano e da alcuni componenti della banda
[13]
e fu confermato, davanti alla
Commissione parlamentare antimafia
, sia da questi ultimi nel marzo 1966 sia, nel giugno 1972, dai due membri della banda che avevano seguito Pisciotta in quella manovra.
[2]
Infatti, nel 1952, Mattarella, Alliata, Cusumano Geloso, Leone Marchesano e Messana, in un processo sul loro supposto ruolo nell'evento, furono dichiarati innocenti dalla
Corte di Appello
di Palermo.
[2]
Il 3 maggio del 1952 Pisciotta fu condannato all'ergastolo perche i giudici di Viterbo non credettero al suo falso
alibi
che si era procurato per il giorno della strage (ossia una
visita medica
in uno studio a
Monreale
) e, con lui, 12 dei 70 banditi imputati incontrarono la stessa sorte.
[2]
Nel
carcere dell'Ucciardone
Pisciotta ritenne che la sua vita fosse in pericolo, anche se messo in cella con il padre Salvatore, anch'egli membro della banda Giuliano. Secondo alcuni, Gaspare aveva un piccolo
passero
al quale faceva assaggiare il cibo prima di mangiarlo a sua volta, per paura di essere avvelenato, e non mangiava il cibo del carcere ma soltanto quello preparato da sua madre, che gli veniva recapitato in cella.
[14]
Il 6 febbraio 1954, Pisciotta ebbe un colloquio con il sostituto procuratore
Pietro Scaglione
, che gli promise che sarebbe tornato con un
cancelliere
per verbalizzare le sue dichiarazioni.
[5]
In ogni caso, la mattina del 9 febbraio successivo, Pisciotta fu svegliato dall'
agente di custodia
Ignazio Selvaggio e prese un preparato
vitaminico
che gli era stato prescritto dal
medico
; poi preparo un
caffe
per se e per suo padre, lo zucchero e lo bevve. Quasi immediatamente venne colpito da lancinanti dolori addominali e, nonostante fosse stato portato immediatamente all'infermeria della prigione, mori nel giro di quaranta minuti. La causa del decesso, secondo gli esiti dell'
autopsia
, fu dovuta all'ingestione di 20 mg di
stricnina
, veleno per i topi che infestavano il carcere
[15]
[16]
[14]
. Un mese dopo, sempre all’Ucciardone, venne avvelenato Angelo Russo, un altro membro della banda Giuliano e condannato anch'egli al processo di Viterbo per la
strage di Portella della Ginestra
: nel suo bicchiere di
vino
era stata versata della
cicuta
.
[15]
[14]
L'avvelenamento di Pisciotta causo uno scandalo politico e venne aperta un’inchiesta: il direttore del carcere, Vincenzo Restivo, fu trasferito e l’agente di custodia Ignazio Selvaggio venne tratto in arresto insieme a Filippo Riolo, boss mafioso di
Piana degli Albanesi
(detenuto all'Ucciardone negli stessi giorni in cui avvenne l'avvelenamento), che furono assolti in
istruttoria
per
insufficienza di prove
nel
1957
insieme a Salvatore Pisciotta, sospettato di aver avuto un ruolo nella morte del figlio
[17]
[5]
[18]
. Interrogato dalla
Commissione parlamentare antimafia
nel maggio 1970, Salvatore Pisciotta affermo di ritenere che uno dei responsabili della morte del figlio fosse l'agente di custodia Selvaggio
[2]
. Frank Mannino, un altro bandito ascoltato dalla Commissione antimafia il 2 luglio 1970, parlo invece di
suicidio
[2]
. Nel
1995
il pentito calabrese
Antonino Mammoliti
rivelo che detenuti calabresi all'Ucciardone prestarono la loro collaborazione ai siciliani per eliminare Pisciotta e che l'avvelenatore era stato un certo Antonino Barca
[19]
.
Sia il Governo italiano che la
mafia
furono indicati come i mandanti dell'uccisione di Pisciotta, ma nessuno venne processato per la sua morte. La madre di Gaspare, Rosalia, scrisse una
lettera aperta
alla stampa il 18 marzo di quell'anno denunciando il possibile coinvolgimento di politici corrotti e della
mafia
nell'uccisione del figlio, dicendo: ≪
Si, e vero che mio figlio Gaspare non potra piu parlare e molta gente e convinta di essere al sicuro; ma chissa, forse qualche altra cosa puo venir fuori
≫.
Si suppone che Gaspare Pisciotta abbia potuto scrivere un'
autobiografia
in carcere, alla quale la madre probabilmente si riferiva, e che il fratello Pietro provo a fare pubblicare. Questo documento ando pero smarrito ed il suo contenuto rimase sempre un segreto.
[
senza fonte
]
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Si veda per esempio ADN Kronos,
Palermo: in un quaderno trovato all'Ucciardone i segreti sulla morte di Gaspare Pisciotta
, 2005
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