La
battaglia del Garigliano
del 29 ottobre
1860
fu una tappa importante dello scontro tra
Regno di Sardegna
e
Regno delle Due Sicilie
. Avvenne pochi giorni dopo il
plebiscito
conseguente alla
spedizione dei mille
, avvenuto il 21 ottobre di quello stesso anno.
Nel settembre 1860
Giuseppe Garibaldi
aveva conquistato Napoli ed avanzava con l'
esercito meridionale
verso nord, questa avanzata preoccupava i moderati e le corti europee sia per una sua possibile destinazione finale a Roma e per il rischio di una svolta repubblicana rivoluzionaria causa la presenza mazziniana sempre piu attiva nei territori conquistati dai garibaldini.
Il 3 ottobre
1860
Vittorio Emanuele II
, al comando dell'armata
piemontese
, aveva mosso verso il
Regno delle Due Sicilie
senza dichiarazione di guerra. Il
conte Cavour
giustifico l'intervento con la necessita di ristabilire l'ordine nel
Mezzogiorno
in piena rivoluzione: in
Abruzzo
,
Molise
e
Puglia
, vi erano violenti scontri tra i rappresentanti dei
liberali
, che avevano formato governi provvisori (il primo dei quali era stato formato in
Basilicata
da
Giacinto Albini
il 18 agosto precedente), come conseguenza delle sollevazioni dovute all'
avanzata garibaldina
, e i reazionari filoborbonici, appoggiati delle bande irregolari agli ordini del
colonnello
prussiano
Teodoro Klitsche de la Grange
.
Per reazione i
regni
di
Spagna
e di
Russia
ruppero le relazioni diplomatiche con il
Regno di Sardegna
, mentre l'
impero austriaco
inviava le sue truppe verso il
Mincio
. La
Francia
non fece dichiarazioni ostili, ma ritiro il suo ambasciatore. La regina
Vittoria del Regno Unito
e
John Russell
, primo ministro inglese, convinsero i
Prussiani
a non ostacolare il processo di unificazione italiana in corso.
[1]
L'Austria quindi, isolata, e reduce dalla sconfitta subita nella
guerra dell'anno precedente
, non intervenne.
Il 12 ottobre
Vittorio Emanuele II
varco il confine tra lo
Stato della Chiesa
e il
Regno delle Due Sicilie
, delimitato dal fiume
Tronto
. Il
viceammiraglio
francese
le Barbier de Tinan
, filoborbonico, comunico a Francesco II che avrebbe protetto con la sua presenza la costa
tirrenica
da
Gaeta
al
Garigliano
a scapito delle navi da guerra piemontesi a cui si erano aggiunte navi dell'ormai agonizzante Regno delle Due Sicilie.
Il 19 ottobre, a seguito della sconfitta nella
Battaglia del Volturno
, il generale
Giosue Ritucci
decise di ritirare le truppe borboniche al suo comando dal Volturno al Garigliano per fronteggiare l'avanzare del Regno di Sardegna negli Abruzzi e lasciando definitivamente Napoli ai
Mille
. Il 20 ottobre, in Molise, presso il
Valico del Macerone
, avvenne il primo scontro in territorio napoletano dell'armata piemontese, guidata dal generale
Enrico Cialdini
. Il generale
Luigi Scotti Douglas
fu sconfitto e fatto prigioniero, lasciando scoperte le spalle dell'armata di Ritucci che fu costretto a ordinare la ritirata generale, mantenendo solo un migliaio di uomini a
Capua
.
Solo una vittoria campale avrebbe potuto risollevare le sorti borboniche, ma Ritucci ritenne di non poter impegnare le truppe in questo sforzo. Il 26 ottobre da Gaeta, Francesco II lo rimosse dal comando sostituendolo con il generale Giovanni Salzano che aveva diretto la difesa della piazzaforte di Capua. Il nuovo comandante decise che l'unica cosa possibile era attestare la linea difensiva sul fiume Garigliano proponendo in alternativa di iniziare una guerra partigiana sulle montagne come quella combattuta contro i napoleonici nel 1799, ma il re lo scoraggio contando sull'appoggio navale di le Barbier.
Cialdini tento di attaccare presso
Sessa
il 26 ottobre, ma fu costretto a retrocedere, cosi Salzano riusci a schierare le truppe a difesa del fiume Garigliano.
Salzano fece scavare nei pressi del fiume trincee, allestire le postazioni di artiglieria e distruggere i ponti e le scafe sul Garigliano e sul
Liri
dalla foce a
Pontecorvo
e a
Sant'Apollinare
in modo da bloccare un eventuale aggiramento da est. Punto cardine dello schieramento era il
ponte Real Ferdinando
, presso
Minturno
. A ovest i borbonici avevano il mare ed erano protetti da Barbier de Tinan, che non permetteva con la sua presenza l'azione della flotta sabauda guidata dall'ammiraglio
Carlo Pellion di Persano
. Il 27 ottobre re
Francesco II
e Salzano passarono in rassegna le truppe: il morale dei soldati era alto malgrado la situazione. Lo schieramento era guidato dal maresciallo
Filippo Colonna
.
L'attacco sabaudo inizio la mattina del 29 ottobre con tre colonne di fanti e cinque squadroni di cavalieri (
Reggimento "Piemonte Reale Cavalleria"
e Reggimenti
"Novara"
e
"Milano"
), avanzando verso il ponte. Sulla sponda meridionale del ponte erano attestati i cacciatori borbonici con carabine rigate, che contennero l'assalto per un'ora e poi si ritirarono togliendo le traversine del ponte. I bersaglieri allora tentarono tre assalti passando sulle travi del ponte sotto il tiro dell'artiglieria del generale
Matteo Negri
, il quale fu ferito a morte nel corso della battaglia. Al comando del generale Barbalonga, i cacciatori borbonici attaccarono da sinistra i bersaglieri che subirono molte perdite e 40 prigionieri.
Su pressioni diplomatiche, Napoleone III ordino all'ammiraglio le Barbier de Tinan di non intervenire nel conflitto, ma di proteggere con la sua presenza la fortezza di
Gaeta
, dove era rifugiato Francesco II. Quindi nottetempo tra il primo e il 2 novembre, Persano raggiunse la foce del Garigliano e cannoneggio i borbonici: la mattina del 2 novembre, preso atto dell'impossibilita di contrattaccare, Francesco II ordino la ritirata.
Il comando borbonico decise di schierare le truppe a
Mola di Gaeta
. La sera dello stesso giorno una divisione dei
Granatieri di Sardegna
passo il fiume dopo aver allestito presso la foce un ponte di barche e decimando due compagnie del 6° Cacciatori, comandate dal capitano Domenico Bozzelli, che non vollero arrendersi. La guerra si concludera con la vittoria definitiva piemontese dopo l'
assedio di Civitella del Tronto
, iniziato il 26 ottobre e conclusosi il 20 marzo
1861
, tre giorni dopo la
proclamazione del Regno d'Italia
.