La locuzione di "
riconquista della Libia
" indica la serie di operazioni militari portate avanti dalle
forze armate
del
Regno d'Italia
nel territorio della
Libia italiana
, colonia del Regno dal 1912 ma in cui l'autorita italiana era ridotta ai centri urbani principali lungo la stretta fascia costiera.
L'opera di "riconquista" dei territori libici formalmente italiani, ma di fatto in mano a gruppi locali autonomisti di varia natura, prese avvio nel 1922, dopo la conclusione della
prima guerra mondiale
, protraendosi poi fino al 1932, con andamento e intensita diversi a seconda delle varie regioni della colonia (
Tripolitania
,
Fezzan
e
Cirenaica
).
Con la
guerra italo-turca
furono occupate le due regioni della
Tripolitania
e
Cirenaica
[1]
nell'autunno
1911
(prime operazioni belliche il 29 settembre, sbarchi a
Tobruk
il 4 ottobre e a
Tripoli
, il 5 ottobre). L'occupazione fu preceduta da una preparazione diplomatica accompagnata da una grande mobilitazione dell'opinione pubblica italiana.
[2]
Mancava, pero, una preparazione politico-militare specifica: era convinzione diffusa che fosse necessario fronteggiare poche migliaia di soldati turchi, non la popolazione libica, la cui dura resistenza (esplosa il 23 ottobre nei combattimenti di Sciara Sciat, un quartiere di Tripoli) fu accolta con sorpresa. La speranza del governo italiano, quando inizio la guerra, era infatti quella di risolvere tutto in pochi mesi, tanto che gia il 5 novembre 1911 (quindi in una situazione militare tutt'altro che chiara) emanava il decreto di annessione della Tripolitania e della Cirenaica. Il corpo di spedizione italiano fu portato rapidamente a 100.000 uomini, quasi la meta della forza di pace dell'esercito; si trattava pero di truppe di leva inadatte a muoversi nel territorio desertico.
[3]
L'occupazione italiana fu quindi limitata alla zona costiera.
Il
trattato di Ouchy
(12 ottobre 1912), con cui l'
Impero ottomano
rinunciava alla sovranita sulle regioni libiche, non comporto la fine della resistenza, pur indebolita dall'interruzione dei pochi rifornimenti dalla Turchia e dal progressivo ritiro degli ufficiali turchi. Alla fase bellica segui, durante la
campagna di Libia
, una serie di azioni sviluppate da parte italiana per ottenere il dominio del territorio e contrastare le forti sacche di resistenza ancora esistenti in Tripolitania e in Cirenaica. Tuttavia, la stanchezza delle tribu seminomadi dell'interno permise un miglioramento della situazione; nel 1913-1914 l'occupazione italiana fu estesa alla Tripolitania settentrionale ed il colonnello Miani, con una colonna di
ascari eritrei
, si spinse fino al lontano
Fezzan
[2]
.
Allo scoppio della
prima guerra mondiale
, l'Italia si trovo in difficolta nel mantenere il controllo sui suoi presidi nel Fezzan, dove, peraltro, l'attivita dei ribelli
Senussi
era sempre viva e supportata da guarnigioni turche guidate dal comandante
Enver Bey
, che erano restate in Libia anche dopo la firma del trattato di pace. Nel dicembre del 1914, pertanto, tutti i presidi militari italiani nel Fezzan furono abbandonati, compreso quello di
Brak
, ove erano state concentrate le forze prima del ripiegamento. Da allora il dominio italiano rimase precario e limitato ad un'esigua fascia costiera.
Durante il conflitto, l'Italia ritiro parte delle truppe, e dismise i presidi nell'interno delle due regioni, mentre mantenne i suoi presidi costieri in Tripolitania e Cirenaica a fronte di offensive arabo-berbere, appoggiate dai turco-ottomani e dai rifornimenti tedeschi. Gli accordi di El-Acroma del 1917 e gli armistizi dell'ottobre 1918 obbligarono gli imperi centrali a rinunciare a scalzare gli italiani dalla Libia. In cambio, l'Italia concesse larghe autonomie alle popolazioni arabe e ai potentati beduini, come la confraternita dei Senussi in Cirenaica e alcune comunita arabo-berbere in Tripolitania, che negli anni successivi, dopo un primo accomodamento con gli italiani, reclamarono la loro indipendenza.
La
Tripolitania
aveva allora circa 550.000 abitanti, in massima parte nella stretta fascia costiera ormai assoggettata; le tribu seminomadi si dimostrarono quasi sempre incapaci di fare fronte comune dinanzi ai progressi italiani. La difficolta della conquista non proveniva quindi dal numero degli avversari, armati soltanto di fucili, ma dall'ambiente desertico, impenetrabile per la fanteria italiana e i suoi pesanti convogli di rifornimenti.
[4]
La riconquista inizio nel luglio
1921
con l'arrivo del nuovo governatore, il banchiere veneziano
Giuseppe Volpi
. Volpi, sostenuto dal
ministro delle colonie
, il liberale
Giovanni Amendola
, impresse subito una sterzata alle demoralizzate guarnigioni ormai abituate a vivere alla giornata. All'alba del 26 gennaio
1922
, realizzando una sorpresa tattica,
carabinieri
,
zaptie
ed eritrei sbarcarono a
Misurata
, occupando la localita; era l'inizio della svolta che in poco piu di un anno si concluse con l'occupazione di tutta la Tripolitania. Nel 1922 dalla meta di febbraio alla meta di aprile avvenne il primo
ponte aereo
al mondo a cura del
Corpo Aeronautico
per rifornire il presidio assediato del X Battaglione
Ascari
Eritrei
di
el-Azizia
. Furono portati 213 soldati e 43 tonnellate di merci e vennero sgomberati 118 tra feriti ed ammalati fino alla riconquista della zona con 5 trimotori
Caproni Ca.36
e qualche monomotore
Ansaldo S.V.A.
.
Con l'avvento al potere del
regime fascista
nell'ottobre 1922, Mussolini ordino ai generali italiani in Africa settentrionale di "
pestare sodo
" per giungere alla completa "riconquista" di tutta la Libia.
[5]
I successi italiani furono dovuti all'utilizzo della superiorita tecnologica e organizzativa. Alcune decine di aerei (
bombardieri Caproni
e
ricognitori SVA
della prima guerra mondiale, poi i piu efficienti
ricognitori Ro.1
) e di ottimi piloti (capaci di volare sul deserto con la sola bussola) e meccanici (che adattavano gli apparecchi all'ambiente) permisero di rovesciare il rapporto con il deserto: prima le colonne italiane erano cieche e i libici potevano attaccarle di sorpresa, ora gli aerei raggiungevano i gruppi nemici a grande distanza, ne segnalavano i movimenti, li attaccavano senza che potessero sottrarsi.
[4]
Un altro strumento decisivo fu la
radio
, che garantiva il collegamento tra gli aerei, i comandi e le forze italiane che ora potevano muovere nel deserto, aggirare e sorprendere il nemico. Queste forze erano costituite da battaglioni di
ascari
eritrei, quando possibile autocarrati, da
autoblindo
, a seconda dei terreni da cavalleria libica o da
meharisti
(il "mehara" - dalla regione
sud-arabica
del
Mahra
- e il
dromedario
da corsa, ottimo per le operazioni belliche) reclutati tra gli stessi seminomadi che dovevano combattere, rispetto ai quali erano superiori per armamento, cavalcature, collegamenti.
[4]
In complesso le forze mobili in Tripolitania non superarono i 10-12.000 uomini, in gran parte eritrei e libici; erano italiani gli ufficiali, gli aviatori, gli specialisti, mentre i reparti di fanteria nazionale e di milizia presenti in Libia avevano di regola compiti di presidio nelle localita costiere.
[4]
Negli anni seguenti il dominio italiano fu esteso con metodo e pazienza. Nel
1923
-
1925
fu raggiunto il controllo della Tripolitania settentrionale, poi quello delle regioni semidesertiche centrali; tra il
1928
e il
1930
le truppe del generale
Rodolfo Graziani
occuparono le regioni meridionali, fino alle porte del Fezzan.
Nominato, nel gennaio
1929
,
ministro delle colonie
il generale
Emilio De Bono
, le due Colonie libiche vennero riunite sotto unico governo presieduto dal
maresciallo d'Italia
Pietro Badoglio
. Egli inizio la sua azione di governo lanciando alle popolazioni un proclama che invitava tutti coloro che ancora militavano tra le file ribelli a scegliere fra la sottomissione con la clemenza del Governo, e lo sterminio. Contemporaneamente, egli informo la sua azione al principio che ≪per pacificare le colonie e indispensabile innanzi tutto occupare l'intero paese≫. Il generale Graziani, nominato a capo delle operazioni, seppe in breve tempo far fruttare la superiorita tecnologica e con un'ottima organizzazione nelle linee di trasferimento delle truppe, in meno di 4 mesi venne a capo dei ribelli, che si sottomisero oppure si rifugiarono oltre confine. Tra il novembre 1929 e il febbraio 1930 tutti i principali centri del Fezzan (
Brak
,
Sebha
e
Murzuch
), vennero rioccupati dalle truppe italiane.
La Tripolitania era di nuovo sotto controllo italiano, ma restava il problema dell'immensa e arida
Cirenaica
. Il 1º febbraio
1926
la sfida contro il deserto fu raccolta a
Giarabub
: dopo una marcia sfibrante gli italiani raggiunsero l'oasi, sbalordendo il locale capo
senussita
, che si sottomise spontaneamente.
In Cirenaica i successi italiani incontrarono difficolta impreviste. Le ricorrenti rivalita tra le tribu seminomadi della Tripolitania e l'assoluto dominio dell'aviazione italiana nei grandi spazi desertici avevano facilitato la conquista italiana; anche le regioni desertiche della Cirenaica furono occupate senza altre difficolta che quelle logistiche tra il
1926
(
oasi di Giarabub
) e il
1931
(
oasi di Cufra
). Invece il
Gebel al Akhdar
("la montagna verde"), l'altipiano che si innalza fino a mille metri quasi a picco sul Mediterraneo per poi digradare lentamente verso il deserto, offriva un terreno rotto e ricco di boscaglie, grande quasi come la Sicilia, che si prestava alla
guerriglia
perche la ricognizione aerea e i mezzi motorizzati perdevano efficacia. Sull'altipiano tutti i grandi rastrellamenti condotti con piu colonne convergenti dirette dall'aviazione non riuscirono mai ad agganciare le formazioni mobili di
mujahidin
di
Omar al-Mukhtar
, che filtravano in piccoli gruppi attraverso le linee italiane o si nascondevano tra la popolazione, che curava i feriti e sostituiva i caduti.
[6]
Nel
1930
il generale
Rodolfo Graziani
, reduce dai successi nel Fezzan, fu chiamato in Cirenaica come vicegovernatore per dare nuova energia alla repressione e chiudere il conto. Per il generale Graziani un gruppo di piu di tre arabi doveva gia essere considerato sedizioso ed eliminato con ogni mezzo; la frontiera libico-egiziana era solo un arido colabrodo da bloccare a tutti i costi. Dal 1930 al 1931 le forze italiane scatenarono un'ondata di terrore sulla popolazione indigena cirenaica; tra il 1930 e il 1931 furono giustiziati 12.000 cirenaici e tutta la popolazione nomade della Cirenaica settentrionale fu deportata in enormi
campi di concentramento
lungo la costa desertica della Sirte, in condizione di sovraffollamento, denutrizione e mancanza di igiene.
[7]
[8]
Nel giugno 1930, le autorita militari italiane organizzarono la migrazione forzata e la deportazione dell'intera popolazione del
Gebel al Akhdar
, in Cirenaica, e cio comporto l'espulsione di quasi 100.000
beduini
(una piccola parte era riuscita a fuggire in Egitto)
[7]
- meta della popolazione della Cirenaica - dai loro insediamenti, che vennero assegnati a
coloni italiani
.
[9]
Queste 100.000 persone, in massima parte donne, bambini e anziani, furono costrette dalle autorita italiane a una marcia forzata di oltre mille chilometri nel deserto, verso una serie di campi di concentramento, circondati da filo spinato, costruiti nei pressi di
Bengasi
. Le persone furono falcidiate dalla sete e dalla fame; gli sciagurati ritardatari che non riuscivano a tenere il passo con la marcia venivano fucilati sul posto dagli italiani.
[10]
La confraternita senussita, che appoggiava la guerriglia, fu perseguitata dagli italiani: piu di trenta capi religiosi furono deportati in Italia; le
zawiya
, centri religiosi, ma anche politici ed economici dell'Ordine, vennero confiscate; le
moschee
e le pratiche dei
Senussi
proibite; le proprieta dei Senussi furono confiscate. Vennero poi presi i preparativi per la
conquista italiana dell'oasi di Cufra
, l'ultima roccaforte dei Senussi in Libia.
[8]
Nel gennaio 1931, gli italiani conquistarono
Cufra
, dove i rifugiati Senussi furono bombardati e mitragliati dagli aerei italiani mentre fuggivano nel deserto.
[8]
Per chiudere le rotte di approvvigionamento dei ribelli dall'Egitto, il generale
Rodolfo Graziani
(reduce dai successi nel Fezzan e chiamato nel 1930 in Cirenaica come vicegovernatore) fece costruire una fascia di reticolati di filo spinato larga alcuni metri e lunga ben 270 chilometri lungo la frontiera egiziana, dal porto di
Bardia
all'oasi di
Giarabub
, costantemente sorvegliata da forze mobili italiane quali
carri armati
e
aeroplani
.
[7]
[8]
La barriera di filo spinato venne costruita in sei mesi, da aprile a settembre del 1931. Bloccato ogni rifornimento, dunque, le bande ribelli erano destinate a soccombere. Il 9 settembre 1931 il settantatreenne capo della resistenza libica 'Omar al-Mukht?r venne
catturato dagli italiani
e giustiziato pubblicamente a
Soluch
il 16 settembre.
[8]
Graziani racconto che 20.000 beduini furono costretti ad assistere all'esecuzione per dimostrare loro che i giorni del compromesso e della debolezza italiana erano terminati.
La repressione attuata da Graziani fu talmente completa,
[11]
che con la morte di al-Mukht?r la resistenza crollo, e il 24 gennaio 1932 Badoglio pote annunciare con un solenne proclama la completa e definitiva pacificazione della Libia.
[12]
Con il
regio decreto
nº 2012 del 3 dicembre 1934 sull'unione della
Tripolitania
e della
Cirenaica italiana
, venne proclamato il
Governatorato Generale della Libia
, e successivamente i libici musulmani poterono godere dello status di "cittadini italiani libici", una condizione che garantiva loro numerosi diritti all'interno della colonia.
[13]
Pochi anni dopo, nel corso delle varie campagne militari tra
Alleati
e
Asse
nel
Nordafrica
tra il
1940
ed il
1942
, lo stesso
Churchill
nelle sue memorie
[14]
si lamento di non avere avuto alcun sostegno da arabi e berberi libici.
- ^
due regioni simili per ambiente e civilta che, pur facendo parte per secoli dell'Africa settentrionale
arabo
-
berbera
musulmana
, avevano avuto vicende distinte, perche la Tripolitania gravitava verso la Tunisia e la Cirenaica verso l'Egitto. Annesse all'Italia nel novembre 1911, fino al 1934 ebbero amministrazioni separate. Il nome ≪Libia≫ e un'"invenzione" italiana (nell'antichita designava l'Africa settentrionale a ovest dell'Egitto), forse l'unico apporto del colonialismo che Gheddafi non abbia contestato.
- ^
a
b
Giorgio Rochat
,
Le guerre italiane 1935-1943. Dall'impero d'Etiopia alla disfatta
, Einaudi; p. 5
- ^
Giorgio Rochat
,
Le guerre italiane 1935-1943. Dall'impero d'Etiopia alla disfatta
, Einaudi; p. 6
- ^
a
b
c
d
Giorgio Rochat
,
Le guerre italiane 1935-1943. Dall'impero d'Etiopia alla disfatta
, Einaudi; p. 7
- ^
La politica indigena italiana in Libia
, Giambattista Biasutti, 2004
- ^
Per una ricostruzione della resistenza e della repressione, condotta su fonti italiane,
Giorgio Rochat
,
La repressione della resistenza in Cirenaica 1927-1931
in AA. VV.,
Omar al Mukhtar e la riconquista fascista della Libia
, Milano 1981 (edizione inglese Londra 1986); il saggio e ripubblicato in
Giorgio Rochat
,
Guerre italiane in Libia e in Etiopia 1921-1939
, Treviso 1991 (edizione francese Vincennes 1994)
- ^
a
b
c
Giorgio Rochat
,
Le guerre italiane 1935-1943. Dall'impero d'Etiopia alla disfatta
, Einaudi; p. 11
- ^
a
b
c
d
e
Wright, 1983
- ^
Donald Bloxham e A. Dirk Moses,
The Oxford Handbook of Genocide Studies
, Oxford, England, Oxford University Press, 2010, pp. 358.
- ^
Duggan, 2007
, p. 496
.
- ^
Video con immagini dell'accoglienza a Mussolini da parte delle popolazioni libiche nel 1937
, su
archivioluce.com
.
URL consultato il 7 novembre 2018
(archiviato dall'
url originale
il 24 ottobre 2015)
.
- ^
Wright, 1983
- ^
Gazzetta ufficiale
, su
augusto.digitpa.gov.it
, Governo italiano, del 21 dicembre 1934.
URL consultato il 6 gennaio 2017
.
- ^
Winston Churchill,
The Second World War
, London, 1952.
ISBN 978-0-7126-6702-9