Nei primi tempi si e occupato soprattutto di cronache italiane: tra le vicende piu importanti da lui seguite vi sono lo scandalo di "
Mani pulite
" ed i processi
Priebke
e
Marta Russo
.
In seguito e stato inviato in diverse aree del
Medio Oriente
, dell'
Asia centrale
e dell'
Africa
subsahariana
:
Kabul
,
Teheran
,
Palestina
,
Baghdad
,
Mogadiscio
.
Nell'estate del
2006
ha seguito la guerra in
Libano
tra
Israele
e
Hezbollah
.
Durante un reportage in
Afghanistan
nei primi mesi del
2007
e stato vittima di un sequestro di persona ricco d'implicazioni di varia natura per l'Italia, l'Afghanistan ed i loro rispettivi rapporti internazionali.
≪Il mio nome e Daniele Mastrogiacomo. Sono un giornalista di Repubblica mi trovo qui in Afghanistan. Il nome di mio padre e Mario, il nome di mia madre Franca Lisa. Oggi e lunedi 12 marzo, sono le 8 del mattino qui in Afghanistan. Come vedete mi trovo in buone condizioni, insomma fisiche, e comunque in vita, per fortuna fino ad adesso≫
Il 5 marzo
2007
Mastrogiacomo, dopo una sosta a
Kandahar
, si dirige verso la citta di Lashkargah, capoluogo della provincia meridionale di Helmand, sotto controllo talebano, insieme all'autista venticinquenne
Sayed Haga
ed al giornalista ventitreenne
Adjmal Nashkbandi
, che gli fa da interprete; i tre hanno un appuntamento con il
mullah Dadullah
, comandante militare talebano della regione, per realizzare un'intervista gia concordata. Ma, dopo aver raggiunto il luogo prefissato, pochi chilometri fuori Lashkargah, vengono bloccati a bordo della loro auto, circondati, legati e imbavagliati da una decina di miliziani
talebani
.
Inizialmente accusato di essersi introdotto illegalmente nel territorio talebano e scambiato per un agente
britannico
, viene minacciato ripetutamente di morte; fino a quando i sequestratori non appurano la sua vera identita e chiedono, per il suo rilascio, che l'Italia ritiri il proprio contingente militare dall'Afghanistan. La richiesta non e immediata. Per ore, i tre sono tenuti prigionieri in una sorta di fattoria che si trova a pochi chilometri dal punto dove sono stati bloccati. Il gruppo di talebani cerca di raccogliere informazioni per stabilire, come insiste una voce che si diffonde da giorni, se Mastrogiacomo e i suoi collaboratori siano in realta delle spie che si spacciano per giornalisti. Solo con il calare della sera, i tre vengono trasferiti in un'altra zona e da li, a bordo di una jeep, trasportati nel sud dell'Afghanistan, al confine con il Pakistan.
La trattativa italo-afghana con i rapitori
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≪Era mio dovere assoluto di salvargli la vita. Anche se fosse esistita una norma per cui non si deve trattare, io, di fronte alla moglie e al fratello, credo che avrei trattato.≫
Dopo tre giorni di viaggio attraverso il deserto, il gruppo di talebani avanza le sue richieste. Chiede il ritiro del contingente; ma la risposta, come del resto aveva previsto lo stesso Mastrogiacomo ai rapitori, viene respinta. Salta anche l'ipotesi del rilascio di alcuni detenuti talebani rinchiusi nel
carcere di Guantanamo
, come quella di liberarne altri nella base Usa a nord di Kabul di Baghram. Le trattative sono difficili e complesse. Si decide di utilizzare i canali messi a disposizione dall'
ONG
italiana
Emergency
, da anni integrata nel territorio, l'unica in grado di verificare chi sono i rapitori e a nome di chi parlano; Emergency affida le trattative al proprio collaboratore afghano
Rahmatullah Hanefi
, responsabile logistico e della sicurezza dell'ospedale dell'ONG a Lashkargah, un uomo di larga esperienza e profondo conoscitore della zona. Ma il tempo incalza, i talebani sono nervosi. Hanno bisogno di premere; alternano pazienza a insofferenza. Fino alla barbara esecuzione dell'autista del giornalista italiano: Sayed Haga viene sgozzato e decapitato. Mastrogiacomo, una volta liberato, raccontera di aver assistito alla terribile scena. Testimonianza suffragata dal video girato dagli stessi carnefici nell'arida pianura di Musa Kala, roccaforte talebana e principale centro di coltivazione dell'oppio, dove i tre saranno tenuti prigionieri per giorni. Il filmato, un mese dopo la liberazione di Mastrogiacomo e di Ajmal Nashqkebandi (l'interprete verra ricatturato mentre si avvia verso Lashkargah) verra trasmesso, depurato delle sequenze piu cruente, in esclusiva dal
Tg Uno
il 10 aprile 2007.
Secondo quanto il direttore de
la Repubblica
Ezio Mauro
dichiarera in seguito ai
pubblici ministeri
di Roma, alla trattativa avrebbe dato il suo contributo anche il giornalista
freelance
italiano
Claudio Franco
, successivamente ascoltato anch'esso dalla
procura
. Ma la sua partecipazione restera sempre a lato; servira a confermare l'identita del gruppo dei rapitori e fara da tramite tra gli uomini dell'intelligence italiana, da giorni impegnati sul territorio, e gli emissari del gruppo capeggiato dal mullah Dadullah.
In tale sede, l'Italia esercita forti pressioni sul presidente afghano
Karzai
, "inseguendolo" telefonicamente anche nei suoi viaggi all'estero, al fine d'indurlo ad accettare le richieste dei criminali di liberare cinque loro compagni, uno dei quali, pare, al fine di punirlo per la sua collaborazione con l'autorita giudiziaria.
Dopo momenti di angoscia dovuti ad una convulsa telefonata attribuita a Mastrogiacomo ed alla notizia, diffusa dall'agenzia
Reuters
e rivelatasi poi falsa, dell'avvenuta liberazione dello stesso, il 19 marzo si arriva al rilascio di Mastrogiacomo e alla contestuale liberazione di quattro dei cinque prigionieri talebani - riuscendo,
in extremis
, il governo di Kabul a risparmiare il talebano "pentito" - mentre il giornalista-traduttore afghano, rilasciato assieme al giornalista italiano, viene ripreso lungo la strada e ricatturato. L'ordine, secondo i talebani, sarebbe arrivato direttamente dal mullah Dadullah. La nuova cattura di Ajmal, nipote di un alto funzionario della polizia afgana, avviene nelle stesse ore in cui il collaboratore dei Emergency, Rahmatullah Hanefi, protagonista della trattative per la loro liberazione, viene arrestato con l'accusa di essere il mandante del sequestro: ipotesi totalmente sconfessata in seguito che lo terra tuttavia in carcere per tre mesi. L'interprete Ajmal restera nelle mani talebane per altre due settimane, durante le quali i talebani avanzeranno richieste di altre liberazioni con il chiaro scopo di mettere in difficolta il governo di Hamid Karzai. Il presidente afghano resiste alle pressioni e dopo un ultimo, disperato appello videoregistrato, Ajmal viene ucciso, l'8 aprile
2007
, dagli aguzzini del mullah Dadullah.
Il 20 marzo, Mastrogiacomo puo fare rientro nel suo Paese. Fra le sue prime dichiarazioni pubbliche, l'auspicio che i talebani non tornino ad avere il sopravvento nel loro Paese.
Liberato Mastrogiacomo, i servizi segreti afghani prendono in custodia il mediatore afghano di
Emergency
, che terranno in carcere per 90 giorni, facendo dichiarare al proprio portavoce soltanto il 9 aprile di ritenerlo coinvolto nel sequestro del giornalista, provocando la reazione indignata del fondatore dell'ONG
Gino Strada
; il 16 giugno verra liberato e prosciolto da ogni accusa con la soddisfazione, fra gli altri, anche del governo italiano e la "felicita" dello stesso Mastrogiacomo. Sara anche grazie alla testimonianza dello stesso Mastrogiacomo che Hanefi potra essere scarcerato. Alcuni quotidiani italiani pubblicano stralci delle accuse che i servizi segreti afgani muovono nei confronti di Hanefi. Tra queste, il fatto che il collaboratore di "Emergency" avesse incontrato personalmente i tre rapiti durante il loro sequestro. Circostanza che Mastrogiacomo definira "ridicola e totalmente falsa". Il giorno dopo, Rahmatullah Hanefi verra rilasciato e potra tornare dalla sua famiglia. Ha ripreso a lavorare nell'ospedale dell'Ong a Lashkargah dove e rimasto per alcuni mesi.
Le polemiche in Italia, Europa e Stati Uniti
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Rientrato in patria il giornalista, si accendevano, in Italia, da parte dell'opposizione di
centrodestra
ma anche del
Ministro della difesa
Parisi
, le polemiche per il modo con il quale si era addivenuti alla conclusione, mentre i governi di
Stati Uniti
,
Gran Bretagna
,
Germania
e
Paesi Bassi
rendevano esplicito, in varie forme, il loro grave disappunto.
La polemica interna accennava a sopirsi. Ma l'8 aprile, con la notizia dell'omicidio dell'interprete di Mastrogiacomo, riprendeva fiato. Il presidente Karzai veniva messo sotto accusa in Afghanistan. Ma le lotte di potere e gli scontri tra le diverse fazioni dell'intelligence afgana alimentavano una tesi che veniva ripresa anche in Italia: la disparita di trattamento tra il giornalista italiano e l'interprete afgano.
Il 6 aprile 2007 il presidente afghano Karzai rendeva pubblici i motivi che lo avevano mosso ad accettare che si svolgessero delle trattative con i talebani e di pagare il prezzo del rilascio di quattro componenti del movimento ribelle, precisando che tale accettazione rivestiva un carattere eccezionale e che non si sarebbe ripetuta in futuro.
Tali motivi consistevano, per Karzai, nella necessita di accettare le richieste provenienti dall'Italia in virtu dell'impegno profuso dal Paese
europeo
che schierava in Afghanistan 1900 militari. Lo stesso presidente affermava che tra le preoccupazioni espressegli dal governo italiano vi era quella di un possibile
collasso
della maggioranza parlamentare nel caso di un esito negativo della vicenda di Mastrogiacomo, ma il portavoce del
governo Prodi
Silvio Sircana
s'incaricava, nel volgere di poche ore, di smentire quest'ultima circostanza.