Le prime crisi politico-militari
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Per l'Italia la situazione all'inizio del 1943 appariva del tutto negativa: il
collasso del fronte africano
il 4 novembre 1942 e la
riconquista alleata del Nordafrica
la stavano esponendo al rischio dell'invasione da parte delle forze angloamericane.
Il 31 gennaio 1943 fu nominato il nuovo Capo di Stato maggiore, il generale
Vittorio Ambrosio
, un piemontese devoto al re e ostile ai tedeschi. Ambrosio era persuaso che la guerra fosse perduta, ma non avrebbe mai contemplato di prendere un'iniziativa personale per cambiare la situazione senza prima consultarsi con Vittorio Emanuele
[1]
. Ambrosio, coadiuvato dal suo braccio destro,
Giuseppe Castellano
, e da
Giacomo Carboni
(entrambi avrebbero poi giocato un ruolo chiave nei successivi avvenimenti che avrebbero portato all'armistizio dell'
8 settembre
1943), lentamente procedettero a occupare diverse posizioni strategiche nelle forze armate nominando ufficiali fedeli al re. Inoltre, Ambrosio cerco di riportare in Italia quante piu truppe possibile tra quelle impegnate all'estero, ma fu difficile farlo senza suscitare il sospetto dei tedeschi
[2]
.
I militari si aspettavano un segnale da Vittorio Emanuele, ma il sentimento che i giorni della monarchia fossero comunque contati, quale che fosse l'esito della guerra, contribuirono all'inazione di quest'ultimo. Di conseguenza, egli si isolo mantenendosi imperscrutabile da quelli che intendevano conoscerne le intenzioni future. Non e escluso che il re conservasse ancora la sua fiducia in Mussolini, fidando che una volta di piu il duce avrebbe salvato la situazione, tanto che ancora dopo uno degli ultimi incontri del luglio 1943 si lascio sfuggire: ≪Eppure, quell'uomo ha una gran testa≫
[3]
.
Il 6 febbraio Mussolini opero il piu profondo rimpasto di governo dei suoi 21 anni di potere fascista. Quasi tutti i ministri furono sostituiti: le teste piu importanti a cadere furono quelle del suo genero
Galeazzo Ciano
, Dino Grandi,
Giuseppe Bottai
,
Guido Buffarini Guidi
e
Alessandro Pavolini
.
[4]
.
In aprile, Mussolini prese altre due importanti decisioni: il 14 aprile sostitui il capo della polizia,
Carmine Senise
, un uomo del re, con
Lorenzo Chierici
; cinque giorni dopo cambio il giovane segretario del
partito fascista
,
Aldo Vidussoni
, con
Carlo Scorza
. Tuttavia, i due piu importanti obiettivi dell'operazione, placare la rabbia della popolazione e quella di segmenti del partito fascista, non furono raggiunti, dato che la situazione era troppo compromessa
[5]
. La salute del duce era un altro fattore di incertezza:
gastrite
e
duodenite
di origine nervosa, di cui soffriva da anni, non gli davano tregua
[6]
. A causa dei suoi malesseri, Mussolini fu spesso costretto a restare in casa, perdendo l'effettivo contatto con gli avvenimenti.
In questa situazione, gruppi appartenenti a quattro differenti circoli - la corte reale, i partiti antifascisti, lo stato maggiore delle forze armate, gli stessi fascisti - iniziarono la ricerca di una via d'uscita.
Maria Jose Principessa di Piemonte fotografata durante la
seconda guerra mondiale
A corte, la
Principessa di Piemonte
Maria Jose del Belgio
, moglie dell'erede al trono, aveva sempre sostenuto che l'Italia non avrebbe mai potuto vincere la guerra e che l'unico modo per risparmiare al popolo delle inutili sofferenze era quello di eliminare Mussolini e il fascismo. Nell'ambiente della monarchia ella venne definita da molti
l'unico uomo di Casa Savoia
[7]
. Gia a partire dall'estate 1942 stava perseguendo un'azione segreta volta a collegare l'ambiente antifascista direttamente con i Savoia, incontrando personaggi come
Luigi Einaudi
e lo stesso Pietro Badoglio
[8]
. In ottobre, stabili un contatto con
monsignor Montini
allora sostituto segretario di Stato di
papa Pio XII
. Di tale incontro informo il
ministro della Real Casa
Pietro d'Acquarone
, che pero le comunico la contrarieta del re nei confronti di qualsiasi mediazione da parte della
Santa Sede
[9]
. Incurante dei rischi che correva, la Principessa di Piemonte si rivolse all'ambasciatore portoghese presso la Santa Sede per sondare se il primo ministro portoghese
Antonio de Oliveira Salazar
si prestasse a far da tramite per conoscere le condizioni degli alleati in caso di uscita dell'Italia dal conflitto
[9]
. Ancora nel marzo 1943, nella
Villa Caetani di Ninfa
, fece incontrare Badoglio con l'altro maresciallo d'Italia
Enrico Caviglia
, presente
Umberto Zanotti Bianco
, liberale fortemente contrario al regime, per sensibilizzarli alla drammaticita del momento. Infine nell'aprile successivo la principessa organizzo un incontro "politico" tra l'esponente democristiano
Giuseppe Spataro
e lo stesso Badoglio che, pero, dichiaro che si sarebbe mosso solo per ordine del re
[8]
. Mussolini, nonostante fosse al corrente delle azioni della principessa, non fece nulla per impedire il suo operato.
In un memorandum datato 24 aprile 1943 ai membri del governo inglese del ministro degli Esteri,
Anthony Eden
, era scritto che
≪la serie di sconfitte dell'Asse in Russia e in Africa settentrionale e la difficile condizione del suo corpo di spedizione in Tunisia spingevano gli Italiani ad auspicare una rapida vittoria degli Alleati per poter uscire dalla guerra≫
; vi si leggeva anche che Vittorio Emanuele III era
≪un uomo invecchiato, privo di iniziativa, terrorizzato dall'idea che la fine del fascismo avrebbe aperto un periodo di anarchia incontrollabile≫
, che il suo erede
Umberto
era incapace di passare all'azione (nonostante le pressioni della consorte, Maria Jose, che costituiva
≪l'elemento piu energico della coppia reale≫
) e che Casa Savoia avrebbe appoggiato un rovesciamento del regime solo in un secondo momento, quando si fosse verificata una sollevazione dell'esercito provocata da Badoglio e dal vecchio maresciallo Caviglia, o una congiura di palazzo orchestrata da
≪fascisti opportunisti≫
, come Dino Grandi, da industriali e finanzieri, come il conte
Giuseppe Volpi
di Misurata, che miravano, comunque, a far sopravvivere un
≪fascismo senza Mussolini≫
per salvaguardare i loro personali interessi
[10]
. Insomma, questi gruppi, indipendentemente uno dall'altro, iniziarono i propri intrighi per stabilire contatti con le
autorita alleate
, ma nessuno di loro comprendeva che la guerra era diventata anche ideologica dopo la
Dichiarazione di Casablanca
, che stabiliva che gli Alleati avrebbero accettato solo una resa incondizionata dai nemici. Per giunta, gli anglo-americani si aspettavano di intavolare trattative con personalita come il re, non con la principessa Maria Jose, o altri gruppi, visti con indifferenza.
Lo sbarco in Sicilia e le sue conseguenze
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La caduta di Tunisi, il 13 maggio 1943, cambio radicalmente la situazione strategica. Ora l'Italia era esposta direttamente all'invasione anglo-americana, e per la Germania divenne imperativo controllare il paese, diventato un bastione esterno del
Reich
. I tedeschi volevano dislocare piu forze di terra in Italia, ma Ambrosio e Mussolini, che volevano preservare l'indipendenza italiana, chiesero solo piu aeroplani.
A meta maggio, quindi, il re inizio a considerare il problema di come uscire dalla guerra: era il pensiero espressogli dal duca Pietro d'Acquarone, ministro della Real Casa, molto preoccupato per il futuro stesso. L'opinione pubblica italiana, che aveva atteso per mesi un segno da parte del re, iniziava a volgersi contro la monarchia. Alla fine di maggio due alte personalita dell'epoca liberale,
Ivanoe Bonomi
e
Marcello Soleri
, furono ricevuti da Acquarone e dall'aiutante di campo del re, il generale
Puntoni
. Entrambi premettero sui consiglieri reali consigliando di far arrestare Mussolini e di nominare un governo militare. Entrambi furono ricevuti dal re, rispettivamente il 2 e l'8 giugno, ma rimasero frustrati per la sua inazione
[11]
.
Dino Grandi
Grandi era uno dei gerarchi del regime fascista, stretto collaboratore di Mussolini da piu di 20 anni. Considerato piu un conservatore di destra che un fascista, vedeva il fascismo come un fenomeno effimero, confinato nella durata della vita di Mussolini. Esperto diplomatico, era stato ministro degli Esteri e ambasciatore nel Regno Unito: fermo nemico della Germania, con una larga cerchia di amicizie nell'
establishment
britannico (era amico personale di
Winston Churchill
), era stato spesso considerato il successore naturale di Mussolini. Sebbene personalmente devoto al duce, del cui carattere e dei difetti era ben conscio, era tuttavia convinto che ad alcuni suoi ordini si dovesse disobbedire. Il 25 marzo 1943 il re aveva conferito a Grandi il
collare dell'Annunziata
, permettendogli cosi di essere chiamato "cugino del re" e conferendogli facolta di libero accesso alla Casa reale.
Il 4 giugno il re concesse un'udienza a Dino Grandi
[12]
, che era ancora il presidente della
Camera dei fasci e delle corporazioni
, pur essendo stato rimosso dal governo. Fu il loro ultimo incontro prima del 25 luglio. Grandi illustro al re un proprio ambizioso piano per eliminare Mussolini e difendere l'Italia dai tedeschi. Paragono Vittorio Emanuele III al suo antenato del XVIII secolo
Vittorio Amedeo II
, duca di Savoia, che aveva rotto l'alleanza coi francesi passando a quella con gli imperiali, salvando cosi la dinastia. Il re rispose che si considerava un monarca costituzionale: si sarebbe mosso solo dopo un voto del
Parlamento
o del Gran consiglio del fascismo per deporre Mussolini
[12]
. In ogni caso, avrebbe avversato qualsiasi mossa improvvisa che, ai suoi occhi, sarebbe stata considerata come un tradimento. Alla fine dell'udienza, Vittorio Emanuele chiese a Grandi di accelerare la sua azione attivando il Parlamento e il Gran consiglio e concluse con le parole:
≪Si fidi del suo Re≫
. A Grandi apparve chiara la consapevolezza del Re sulla situazione in atto, anche se permaneva ancora nel sovrano una perniciosa tendenza a procrastinare gli eventi. Grandi torno quindi nella sua
Bologna
, attendendo che la situazione evolvesse.
L'11 giugno gli Alleati conquistarono
Pantelleria
, il primo territorio d'Italia a essere perso. La piccola isola era stata trasformata in presidio ma, dopo una settimana di intensi bombardamenti, ridotta a un cratere fumante, cadde senza quasi opporre resistenza. Dall'interno del fascismo, dopo la caduta di Tunisi e la resa di Pantelleria, fu chiaro a molti che la guerra era ormai perduta.
Contemporaneamente, il 19 giugno 1943, si tenne l'ultima riunione di gabinetto del governo fascista. In quell'occasione, il ministro delle Comunicazioni, senatore
Vittorio Cini
, uno dei piu potenti industriali italiani, attacco frontalmente Mussolini, dicendogli che era ormai tempo di cercare una via d'uscita alla guerra. Dopo la riunione, Cini si dimise. Era uno dei tanti segni che il carisma del duce era evaporato anche nel suo
entourage
[13]
. Quotidianamente persone devote a Mussolini, agenti dell'
OVRA
e i tedeschi gli andavano rivelando che diversi intrighi erano in corso per estrometterlo, ma lui non reagi, replicando a ciascuno di loro che leggevano troppi romanzi criminali o che erano affetti da manie di persecuzione.
Il 24 giugno Mussolini tenne l'ultimo importante discorso da primo ministro. Passo alla storia come il "discorso del bagnasciuga", nel quale promise che la sola parte d'Italia che gli anglo-americani sarebbero stati capaci di occupare (ma solo orizzontalmente, cioe come cadaveri) era la battigia,
che pero defini col termine nautico "bagnasciuga"
. Per molti italiani, questa confusa, incoerente e pasticciata allocuzione era la prova finale che ormai qualcosa s'era rotto nella lucidita di Mussolini
[14]
.
La notte del 10 luglio 1943 gli Alleati sbarcarono in
Sicilia
: sebbene ampiamente attesi, dopo un'iniziale resistenza le forze italiane furono travolte e in diversi casi, come ad
Augusta
- la piazza piu fortificata dell'isola - esse si arresero senza nemmeno combattere. Nei primi giorni sembrava che gli italiani potessero difendere l'isola, ma ben presto divenne chiaro che la Sicilia in poche settimane sarebbe stata persa
[15]
. Il 16 luglio il sottosegretario agli Esteri
Giuseppe Bastianini
ando a
Palazzo Venezia
, sede del governo, per mostrare a Mussolini un telegramma da inviare a
Hitler
, dove si rimproverava i tedeschi di non aver mandato rinforzi. Ricevuta l'approvazione del duce, il sottosegretario chiese l'autorizzazione a stabilire contatti con gli Alleati. Mussolini fu d'accordo, a condizione di non esser personalmente coinvolto
[16]
. L'emissario segreto era il banchiere romano Giovanni Fummi, che aveva rapporti d'affari sia con la
Banca Morgan
che con il Vaticano, il quale avrebbe raggiunto Londra via Madrid o Lisbona.
[17]
. La sera stessa Bastianini oltrepasso il Tevere, incontrando il cardinale
Luigi Maglione
,
Segretario di Stato Vaticano
, che ricevette un documento che illustrava la posizione italiana circa una possibile uscita unilaterale dalla guerra mondiale.
L'invasione Alleata in Sicilia e l'assoluta mancanza di resistenza scioccarono i fascisti, che si domandavano perche Mussolini non facesse nulla. Molti di loro guardavano al re, e altri si volgevano a Mussolini. Il grande problema era trovare un'istituzione adatta per l'azione politica. Quattro erano i consessi: il partito, la Camera dei fasci e delle corporazioni, il Senato e il Gran consiglio. Solo gli ultimi due sembravano adatti: il
Senato del Regno
, perche c'erano ancora membri antifascisti o nominati prima della dittatura; il Gran consiglio, per la presenza di diversi membri ora contrari a Mussolini.
L'iniziativa dei militari e l'incontro di Feltre tra Hitler e Mussolini
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Vittorio Ambrosio
Nota ricevuta da
Heinrich Himmler
, due giorni prima dell'incontro detto "di Feltre" fra Mussolini e Hitler, che lo informava sulle manovre in corso per deporre il Duce e sostituirlo con Pietro Badoglio. Il documento fa ripetuto riferimento al re Vittorio Emanuele III e alla
massoneria
.
Contemporaneamente, in ambito militare, era sorta un'iniziativa finalizzata principalmente allo sganciamento dell'Italia dall'alleanza con i tedeschi e al suo passaggio in campo alleato
[2]
. Ne furono protagonisti il
Capo di Stato maggiore generale
Vittorio Ambrosio, insieme al suo braccio destro, generale Giuseppe Castellano e il generale di corpo d'armata Giacomo Carboni. Tale azione fu autonoma rispetto a quella interna al Partito fascista, guidata da Dino Grandi, che si concretizzo con l'ordine del giorno presentato al Gran consiglio del fascismo e messo ai voti nella notte tra il 24 e il 25 luglio del
1943
[18]
. Entrambe le iniziative contavano sull'intervento decisivo del sovrano.
Solo in subordine, almeno inizialmente, i militari miravano alla destituzione di Benito Mussolini, sostituendolo con un elemento di spicco dell'esercito quale Enrico Caviglia o Pietro Badoglio
[2]
. A favore della candidatura di Caviglia deponevano il suo coraggio, la sua onesta e le posizioni antifasciste, ma il maresciallo era ritenuto troppo anziano per affrontare i nuovi eventi. Badoglio, che aveva rassegnato le proprie dimissioni da Capo di Stato Maggiore dopo la
disfatta greca nel 1941
, era divenuto un acerrimo nemico di Mussolini. Una collaborazione tra i due marescialli era tuttavia impensabile.
Il tramite del re con i generali Ambrosio, Castellano e Carboni fu il ministro della Real Casa duca Pietro d'Acquarone.
[19]
[20]
Acquarone era piu favorevole all'idea di costituire un nuovo governo con Badoglio, piuttosto che con Caviglia, quale Presidente del consiglio, essendo stato suo aiutante di campo
[8]
. Acquarone era in contatto anche con i politici pre-fascisti
Marcello Soleri
,
Vittorio Emanuele Orlando
[19]
e con
Ivanoe Bonomi
ma era contrario a un governo politico
[21]
. Il 5 luglio Ambrosio fu sondato dal re sull'eventualita di nominare Caviglia o Badoglio alla testa di un governo che avrebbe sostituito quello Mussolini.
In ogni caso, il 15 luglio 1943 il re incontro Badoglio e lo informo che lo avrebbe nominato nuovo capo del governo. Vittorio Emanuele III gli spiego che era totalmente contrario a un governo politico, e che in questa fase non avrebbe cercato un armistizio. Due giorni dopo, fu Badoglio ad incontrare gli esponenti antifascisti, ritenendosi gia capo del governo
in pectore
, confidando loro, pero, l'impossibilita di un governo politico o soltanto "misto" ma lasciando aperta l'opportunita di un governo "tecnico"
[21]
.
Il crollo dell'esercito in Sicilia in pochi giorni e l'incapacita di resistere indussero Mussolini a scrivere a
Hitler
per chiedergli un incontro dove poter discutere dell'allarmante situazione bellica italiana, ma la lettera non fu mai recapitata. Il
Fuhrer
, che riceveva quotidianamente dettagliate informazioni e dossier anche dal suo ambasciatore in Vaticano e agente di
Himmler
,
Eugen Dollmann
, era preoccupato sia dell'apatia del duce sia della cocente catastrofe militare in Italia, e chiese egli stesso di incontrarlo il prima possibile.
[22]
L'incontro fra Mussolini e Hitler detto "di
Feltre
" - ma tenutosi in realta a San Fermo, frazione di
Belluno
- si sarebbe svolto nella villa del senatore
Achille Gaggia
.
Due giorni prima dell'incontro tra i due dittatori, programmato per il 19 luglio, Heinrich Himmler ricevette un'informativa che anticipava le manovre in corso per deporre il Duce e sostituirlo con Pietro Badoglio
[23]
. Il giorno prima Ambrosio fece un ultimo tentativo di coinvolgere il duce nello sganciamento dell'Italia dalla Germania, tanto da dirgli chiaramente che il suo dovere consisteva nell'uscire dal conflitto nei prossimi 15 giorni. Cio dimostrerebbe che, ancora nell'imminenza dell'incontro di Feltre, il Capo di Stato maggiore contasse sull'iniziativa di Mussolini.
[21]
All'incontro con Hitler, per discutere la situazione e le possibili contromisure, si presentarono Mussolini, Ambrosio e il sottosegretario Bastianini, membro del Gran Consiglio. Oltre a Hitler, la delegazione tedesca era formata dai generali dell'
OKW
, tra cui
Wilhelm Keitel
,
Enno von Rintelen
e
Walter Warlimont
, ma erano assenti
Goring
e
von Ribbentrop
, segno che i tedeschi erano concentrati sugli aspetti militari della situazione in corso. I tedeschi avevano perduto fiducia negli italiani e volevano solamente occupare militarmente il prima possibile l'Italia settentrionale e centrale, lasciando l'esercito italiano solo a difendere il paese dagli Alleati. Per di piu, essi proposero che il comando supremo dell'Asse nella penisola fosse preso da un generale tedesco, possibilmente
Erwin Rommel
, presente all'incontro.
[24]
Le prime due ore dell'incontro furono occupate dal consueto monologo di Hitler, che incolpava gli italiani per la loro fiacca performance militare e chiedendo di applicare misure
draconiane
: Mussolini fu perfino incapace di proferire parola. La riunione fu improvvisamente interrotta, a mezzogiorno, quando il segretario particolare di Mussolini entro nella sala e consegno a quest'ultimo un foglio che il duce lesse ad alta voce e tradusse in tedesco, nel quale c'era scritto che ≪in questo momento il nemico sta violentemente
bombardando Roma
≫.
[25]
Riprendendo il discorso, Hitler comunico che il Reich si stava dotando di armamenti innovativi che sarebbero stati decisivi per la vittoria finale, in particolare "due nuove armi", sulle quali pero non volle fornire dettagli, che i tedeschi avevano intenzione di usare nel successivo inverno contro gli inglesi, contro le quali non ci si poteva difendere.
[26]
Durante la pausa per il pranzo, Ambrosio e Bastianini fecero pressione sul duce affinche informasse il Fuhrer che era necessaria una soluzione politico-diplomatica alla guerra. Secondo Bastianini, Ambrosio pose a Mussolini un "ultimatum", intimandogli di uscire dalla guerra in quindici giorni.
[27]
Al che Mussolini replico che era da mesi tormentato dai dubbi circa l'abbandono dell'alleanza con la Germania o la continuazione della guerra senza peraltro essere ancora giunto ad una soluzione. Disse loro che un dubbio lo assillava soprattutto: ≪Quale atteggiamento prenderebbe Hitler? Credete forse che egli ci lascerebbe liberta d'azione?≫.
[28]
Dopo il pranzo, Mussolini lascio l'incontro, che sarebbe dovuto durare tre giorni, perche non riusciva piu a trovare le forze - fisiche e psichiche - per proseguire i colloqui. Le delegazioni tornarono a Belluno in treno e, dopo aver salutato Hitler, Mussolini torno a Roma nel pomeriggio con il suo aereo personale: dall'alto egli pote vedere i quartieri orientali di Roma che ancora bruciavano.
Nel frattempo, nel giugno 1943 era giunta alla principessa Maria Jose la risposta positiva del dittatore portoghese
Salazar
circa la sua disponibilita a fare da intermediario per la conclusione della pace tra gli alleati e l'Italia. Proprio il 19 luglio, quindi, il diplomatico individuato dalla principessa, Alvise Emo Capodilista, pote partire per
Lisbona
per prendere contatto con gli inglesi ma il succedersi degli avvenimenti resero infruttuoso tale tentativo
[9]
.
Dopo il fallimento dell'incontro di Feltre, l'azione del Capo di Stato Maggiore generale e del suo
entourage
fu definitivamente indirizzata alla sostituzione del capo del governo. Il 20 luglio, Mussolini incontro Ambrosio due volte: durante la seconda visita, di sera, il duce gli comunico che aveva deciso di scrivere a Hitler confessandogli la necessita dell'Italia di abbandonare l'alleanza. Ambrosio, indignato per l'opportunita persa di fare cio a Feltre, rassegno le proprie dimissioni, che furono rigettate dal duce. In realta, tra i due incontri, Ambrosio aveva saputo dal ministro della Real Casa, con il quale manteneva un filo diretto, la decisione del sovrano di procedere alla destituzione di Mussolini e alla sua sostituzione con Badoglio
[29]
.
Fu allora che Ambrosio lascio mano libera ai suoi collaboratori Castellano e Carboni di elaborare un piano per arrestare Mussolini, una volta destituito. Tuttavia Vittorio Emanuele III avrebbe rotto gli indugi solo una volta approvato dal Gran consiglio del Fascismo l'ordine del giorno Grandi del 25 luglio, che rimetteva nelle sue mani il comando supremo delle forze armate
[30]
.
Il piano di Grandi e il ruolo di Vittorio Emanuele III
modifica
Dino Grandi
I poteri del Gran consiglio nella versione originaria dell'ordine del giorno
L'OdG era diviso in 3 parti: cominciava con un lungo messaggio retorico, che si appellava alla nazione e alle forze armate, elogiandole per la loro resistenza agli invasori. La seconda parte chiedeva la restaurazione delle istituzioni e delle leggi pre-fasciste. La fine del documento era un appello al re: egli avrebbe assunto i supremi poteri civili e di guerra, secondo l'articolo 5 dello
Statuto Albertino
, ossia la costituzione del Regno.
La parte originaria dell'ordine del giorno sui poteri del Gran consiglio, poi rimossa, dimostrava che il massimo collegio del fascismo aveva il potere legale di deporre Mussolini. Secondo i costituzionalisti, le
leggi fascistissime
del 1925 avevano torto la Costituzione, ma non l'avevano obliata. A causa di queste leggi, il Duce comandava sul Paese per conto del Re, che rimaneva sempre la fonte del potere esecutivo. Tenuto conto di cio, se il Gran consiglio,
trait d'union
tra il fascismo e lo Stato, passava una mozione di sfiducia al dittatore, il re era legittimamente titolato a rimuoverlo e a nominare un successore per un nuovo governo.
Dino Grandi, in quei giorni, fu il solo gerarca che aveva un chiaro piano per uscire dall'impasse. A suo parere bisognava deporre Mussolini, poi lasciare al re il compito di formare un governo senza fascisti e contemporaneamente attaccare l'esercito tedesco in Italia. Solo cosi si sarebbe potuto sperare di mitigare le dure condizioni decise dagli Alleati alla
Conferenza di Casablanca
per i paesi nemici
[31]
.
Il 20 luglio Grandi decise di passare all'azione. Con le strade e le ferrovie danneggiate dai bombardamenti, lascio Bologna portando con se una prima bozza di ordine del giorno, da presentare al Gran consiglio. Per Grandi l'approvazione dell'ordine del giorno era il grimaldello che il re attendeva per agire. Raggiunse Roma solo il giorno dopo e il mattino del 21 luglio incontro
Carlo Scorza
, il nuovo segretario del partito, che gli disse che Mussolini aveva deciso di convocare la seduta del Gran consiglio per la sera di sabato 24. Mussolini aveva sorprendentemente acconsentito a riunire la suprema assemblea del fascismo, che non era piu stata convocata dal 1939, a seguito di una richiesta di diversi fascisti guidati da
Roberto Farinacci
. Costoro, dopo essersi riuniti nei giorni precedenti (13 e 16 luglio) nella sede principale del partito in
Piazza Colonna
, avevano deciso di andare da Mussolini a Palazzo Venezia per chiedergli di convocare una riunione del Gran consiglio
[32]
. Grandi illustro a Scorza il suo ordine del giorno (nel testo non ancora definitivo) e, sorprendentemente, il segretario del Partito disse che l'avrebbe sostenuto. Scorza chiese a Grandi una copia del documento per il duce e la ottenne
[33]
. Farinacci e Scorza, tuttavia, partivano da premesse opposte rispetto a Grandi. Mentre Grandi propendeva per ricondurre i poteri di guerra al re, Farinacci e Scorza optavano per la soluzione totalitaria al fianco della
Germania
. Scorza riteneva, come Farinacci, che la soluzione stesse nell'"imbalsamazione" politica di Mussolini e nella guerra totale. Mentre il primo credeva che il potere potesse essere assunto direttamente dal Partito fascista, nonostante fosse stato screditato negli anni precedenti, Farinacci agiva in stretta collaborazione coi tedeschi. Ma nessuno dei gerarchi "moderati" disponeva di sufficiente forza politica per condurre l'operazione in porto e Farinacci era isolato.
Nel pomeriggio, Grandi e
Luigi Federzoni
, gia leader
nazionalista
e suo stretto alleato, fecero dei sondaggi per scoprire quanti tra i 27 membri del Gran consiglio avrebbero votato il suo documento. Stimarono che quattro erano a favore, sette contrari e sedici indecisi. Il problema di Grandi era che non poteva rivelare agli altri le concrete conseguenze che si attendeva con l'approvazione del suo ordine del giorno: la rimozione di Mussolini, la fine del Partito fascista, e la guerra alla Germania. Solo un paio di gerarchi possedevano l'intelligenza politica per comprenderne la portata. Gli altri ancora speravano che Mussolini, che aveva deciso per loro negli ultimi ventun anni, avrebbe prodotto un miracolo. Di conseguenza, la bozza dell'ordine del giorno Grandi era scritta in termini vaghi, lasciando a ognuno la sua libera interpretazione
[34]
.
Il mattino del 22 luglio ebbe luogo l'incontro tra il re e Mussolini, che voleva riportargli l'esito del vertice di Feltre. Il contenuto della conversazione rimane sconosciuto, ma secondo lo storico
Renzo De Felice
, e possibile che il duce sia uscito convinto di aver placato le paure del re
[35]
. Alle 17:30 dello stesso giorno, Grandi ando a Palazzo Venezia; la ragione ufficiale era la presentazione a Mussolini del suo nuovo libro. La durata programmata era di soli 15 minuti, poiche attendeva di essere ricevuto il feldmaresciallo
Albert Kesselring
. L'incontro invece si protrasse fino alle 18:45. Benche nel 1944, nelle sue
Memorie
, Mussolini abbia negato che si fosse parlato dell'ordine del giorno Grandi, cio e inesatto. Il presidente della Camera dei fasci glielo mostro di propria iniziativa, non volendo che il suo operato apparisse come una congiura alle spalle di Mussolini. Non e escluso che Grandi valutasse la possibilita che il capo del governo rassegnasse le dimissioni per evitare la catastrofe e l'umiliazione, di modo che il Gran consiglio sarebbe stato superfluo
[36]
. Il duce disse che quell'ordine del giorno era inammissibile e codardo e che le sue conclusioni circa la sconfitta dell'Italia erano errate, avendo la Germania avviato la produzione di armi segrete che avrebbero ribaltato il corso del conflitto
[37]
. Poi, Mussolini incontro Kesselring e Chierici, il capo della polizia.
Lo stesso 22 luglio, una mozione di 61 senatori che chiedeva di convocare il Senato fu bloccata da Mussolini: il primo firmatario, senatore
Grazioli
, insistette invano con il presidente
Giacomo Suardo
ancora il 23 luglio, quando apparve chiaro che il duce aveva preferito come terreno di scontro il Gran consiglio
[38]
.
Nei giorni successivi, a casa di Federzoni, Grandi contatto gli altri consiglieri chiedendo loro di unirsi nella sua azione. Nel tempo rimasto prima della fatale riunione, da Bottai, il presidente della Camera lesse l'ordine del giorno a Ciano che espresse parere favorevole. Grandi rimaneva riluttante ad associarlo, conoscendo la superficialita e l'incostanza del genero di Mussolini; ma Ciano insistette
[39]
. Allora Federzoni,
De Marsico
, uno dei piu insigni giuristi d'Italia, Bottai e lo stesso Ciano modificarono la bozza rimuovendo l'introduzione interpretativa che spiegava le funzioni del Gran consiglio. Dai diari di Giuseppe Bottai si ricava anche che fu in questa fase che venne introdotta la parte piu incisiva del testo, ovvero l'invocazione dell'articolo 5 dello
Statuto Albertino
[40]
.
Dopo cio, Grandi ricevette nel suo ufficio al Parlamento Farinacci, al quale mostro il suo ordine del giorno. Il convenuto gli disse che approvava la prima parte del documento, ma non concordava su tutto il resto. Per Farinacci i poteri di guerra avrebbero dovuto essere trasferiti direttamente ai tedeschi, e l'Italia avrebbe dovuto impegnarsi totalmente nella guerra disfacendosi di Mussolini e della vecchia
generalita
[
non?chiaro
]
devota alla monarchia. Alla fine anch'egli, come Scorza, chiese a Grandi una copia del suo ordine del giorno, e pure lui lo utilizzo per redigerne uno proprio
[41]
. Quest'ultimo era identico a quello di Grandi per quanto riguardava l'appello al re affinche assumesse il comando delle forze armate, ma era imperniato sulla dichiarata volonta di ≪rimanere fermi all'osservanza delle alleanze concluse≫ e sul ≪ripristino integrale≫ di tutti gli organi dello Stato, compresi il partito e le
Corporazioni
, che Grandi invece aveva omesso.
[42]
Anche Scorza redasse un suo ordine del giorno. Nella sera del 23 luglio, convoco nella sede del partito i suoi quattro vicesegretari e presento loro il suo testo, nel quale, pero, non si faceva cenno alla restituzione dei poteri militari alla Corona.
[43]
≪Ordine del giorno Grandi≫
Il Gran Consiglio del Fascismo
riunendosi in queste ore di supremo cimento, volge innanzi tutto il suo pensiero agli eroici combattenti di ogni arma che, fianco a fianco con la gente di Sicilia in cui piu risplende l'univoca fede del popolo italiano, rinnovando le nobili tradizioni di strenuo valore e d'indomito spirito di sacrificio delle nostre gloriose Forze Armate, esaminata la situazione interna e internazionale e la condotta politica e militare della guerra
proclama
il dovere sacro per tutti gli italiani di difendere ad ogni costo l'unita, l'indipendenza, la liberta della Patria, i frutti dei sacrifici e degli sforzi di quattro generazioni dal Risorgimento ad oggi, la vita e l'avvenire del popolo italiano;
afferma
la necessita dell'unione morale e materiale di tutti gli italiani in questa ora grave e decisiva per i destini della Nazione;
dichiara
che a tale scopo e necessario l'immediato ripristino di tutte le funzioni statali, attribuendo alla Corona, al Gran Consiglio, al Governo, al Parlamento, alle Corporazioni i compiti e le responsabilita stabilite dalle nostre leggi statutarie e costituzionali;
invita
il Governo a pregare la Maesta del Re, verso il quale si rivolge fedele e fiducioso il cuore di tutta la Nazione, affinche Egli voglia per l'onore e la salvezza della Patria assumere con l'effettivo comando delle Forze Armate di terra, di mare, dell'aria, secondo l'articolo 5 dello Statuto del Regno, quella suprema iniziativa di decisione che le nostre istituzioni a Lui attribuiscono e che sono sempre state in tutta la nostra storia nazionale il retaggio glorioso della nostra Augusta Dinastia di Savoia.
[44]
Alle 17:00 del 24 luglio 1943 i 28 membri del Gran consiglio del fascismo si incontrarono attorno a un massiccio tavolo a forma di U nella "Stanza del pappagallo" di Palazzo Venezia. I consiglieri erano tutti in uniforme fascista con sahariana nera. Molti temevano che la seduta potesse avere un esito violento e avevano portato delle armi, ben nascoste sotto gli abiti. Grandi ammise in seguito di aver portato con se due bombe a mano e di averne passata una a
De Vecchi
sotto il tavolo.
[45]
Il posto di Mussolini era un'alta sedia, e il suo tavolo era decorato con un drappo rosso coi fasci. Per la prima volta nella storia del Gran consiglio, ne le guardie del corpo di Mussolini - i
moschettieri del Duce
- ne un distaccamento dei
battaglioni M
erano presenti nel massiccio palazzo rinascimentale. Il segretario del
Partito Nazionale Fascista
Carlo Scorza effettuo l'appello. Grandi richiese a Scorza la presenza di uno stenografo, ma Mussolini si oppose; ufficialmente
[46]
nessun verbale fu redatto
[47]
.
Di sicuro, Mussolini inizio a parlare per primo, riassunse la situazione bellica e poi trasse le sue conclusioni:
≪Ora il problema si pone. Guerra o pace? Resa a discrezione o resistenza a oltranza?... Dichiaro nettamente che l'Inghilterra non fa la guerra al fascismo, ma all'Italia. L'Inghilterra vuole un secolo innanzi a se, per assicurarsi i suoi cinque pasti. Vuole occupare l'Italia, tenerla occupata. E poi noi siamo legati ai patti.
Pacta sunt servanda
.≫
Poi Grandi illustro il suo ordine del giorno con il quale chiedeva in sostanza il ripristino "di tutte le funzioni statali" e invitava il duce a restituire il comando delle forze armate al re. Presero la parola alcuni gerarchi, ma non per affrontare gli argomenti degli ordini del giorno, bensi per fare chiarimenti o precisazioni. Si attendeva un intervento incisivo del capo del governo. Mussolini, invece, affermo impassibile di non avere nessuna intenzione di rinunciare al comando militare. Si avvio il dibattito che si protrasse fino alle undici di sera. Grandi diede un saggio delle sue grandi capacita oratorie: dissimulando abilmente lo scopo reale del suo ordine del giorno, si produsse in un elogio sia di Mussolini sia del re.
Anche lo stesso Ciano prese parola per difendere l'ordine del giorno contestando le parole di Mussolini:
≪Pacta sunt servanda? Si, certamente: pero, quando vi sia un minimo di lealta anche dall'altra parte. E invece, noi italiani abbiam sempre osservato i patti, i tedeschi mai. Insomma, la nostra lealta non fu mai contraccambiata. Noi non saremmo, in ogni caso, dei traditori ma dei traditi.≫
A questo punto anche Roberto Farinacci presento il suo ordine del giorno, il quale appoggiava la richiesta di Grandi di ≪chiedere alla Maesta del Re […] perche voglia assumere l'effettivo comando di tutte le Forze armate≫.
[49]
Successivamente Carlo Scorza diede lettura di due missive indirizzate a Mussolini in cui il segretario del partito chiedeva al duce di lasciare la direzione dei tre dicasteri militari (
Guerra
,
Marina
e
Aeronautica
). I presenti rimasero molto colpiti, sia dal contenuto, sia dal fatto stesso che Mussolini avesse autorizzato Scorza a leggerle in quella sede. Quando si era arrivati ben oltre le undici di sera, la seduta venne sospesa momentaneamente e Grandi ne approfitto per raccogliere le firme a favore del proprio ordine del giorno. Alla ripresa anche Bottai si espresse a favore. Quindi prese la parola Scorza, che invece invito i consiglieri a non votarlo e presento un proprio ordine del giorno a favore di Mussolini.
Alcuni presenti valutarono nell'ordine del giorno Grandi il fatto che la monarchia venisse chiamata all'azione, "traendola dall'imboscamento" (come avrebbe detto a posteriori
Tullio Cianetti
) senza rendersi perfettamente conto delle enormi conseguenze sull'assetto del regime che avrebbe avuto un loro eventuale voto favorevole. Alla fine del dibattito, i consiglieri si aspettavano che Mussolini, come di solito, riassumesse la discussione lasciando ai presenti di prendere soltanto atto di quello che aveva detto. In quest'occasione, invece, il capo del governo non espresse alcun parere e, adottando un atteggiamento passivo, decise di passare subito alla votazione degli ordini del giorno iniziando da quello di Grandi.
I 28 componenti del Gran consiglio furono chiamati a votare per appello nominale.
La votazione sull'ordine del giorno Grandi si concluse con:
- 19 voti a favore:
Emilio De Bono
(
quadrumviro
),
Cesare Maria De Vecchi
(quadrumviro),
Dino Grandi
(presidente della Camera dei fasci e delle corporazioni),
Alfredo De Marsico
(
ministro di grazia e giustizia
),
Giacomo Acerbo
(
ministro delle finanze
),
Carlo Pareschi
(
ministro dell'agricoltura e delle foreste
),
Tullio Cianetti
(
ministro delle corporazioni
),
[50]
Giuseppe Bastianini
(sottosegretario agli
esteri
),
[51]
Umberto Albini
(sottosegretario agli
interni
),
[51]
Luigi Federzoni
(presidente dell'
Accademia d'Italia
),
Giovanni Balella
(presidente della
Confederazione industriali
),
Luciano Gottardi
(presidente della Confederazione lavoratori industria),
Annio Bignardi
(presidente della Confederazione lavoratori agricoltura),
Alberto de' Stefani
,
Edmondo Rossoni
,
Giuseppe Bottai
,
Giovanni Marinelli
,
Dino Alfieri
,
Galeazzo Ciano
;
- 8 voti contrari:
Carlo Scorza
(segretario del
PNF
),
Carlo Alberto Biggini
(
ministro dell'educazione nazionale
),
Gaetano Polverelli
(
ministro della cultura popolare
),
Antonino Tringali Casanuova
(presidente del
Tribunale speciale
),
Ettore Frattari
(presidente della
Confederazione agricoltori
),
Enzo Galbiati
(capo di stato maggiore della
MVSN
),
Roberto Farinacci
(che, unico tra i presenti, voto per "l'ordine del giorno suo personale"),
Guido Buffarini Guidi
;
- 1 astenuto:
Giacomo Suardo
(presidente del
Senato del Regno
).
Dopo l'approvazione dell'ordine del giorno Grandi, Mussolini ritenne inutile porre in votazione le altre mozioni e tolse la seduta. Anche se non esiste il verbale ufficiale dell'assemblea, il testo completo e l'originale dell'ordine del giorno Grandi furono pubblicati nel 1965 dalla rivista ≪
Epoca
≫, grazie al ritrovamento dei documenti conservati da
Nicola De Cesare
, segretario personale di Mussolini.
Alle 2:40 del 25 luglio i presenti lasciarono la sala.
Il presunto verbale manoscritto della seduta
modifica
Verbale della votazione sull'O.d.G. Grandi.
Nel 2013 e stato rinvenuto dal documentarista storico
Fabio Toncelli
, nel corso delle riprese per il suo
documentario
Mussolini 25 luglio 1943: la caduta
(trasmesso dalla
Rai
), un presunto verbale manoscritto della seduta, in cui a margine e riportato che sarebbe stato trascritto in un "registro segreto della Corte dei conti il 4 agosto" successivo, ma non e dato di capire se e chi lo abbia materialmente redatto.
In esso si descrive un "clima incandescente, con aspri scontri verbali": addirittura si riporta di un gerarca che avrebbe estratto la pistola. Di questa descrizione della seduta aveva gia ricevuto notizia il De Felice, che l'aveva riportata in una nota del suo volume
Mussolini: l'alleato
, senza pero riuscire a trovare ulteriori documenti a conferma.
Pero lo stesso Toncelli, che ha mostrato per la prima volta davanti alle telecamere il documento, a un esame piu attento, ha messo in evidenza un dettaglio errato: la data di redazione risulta essere quella del 25 luglio 1943 - XXII, cioe "XXII anno dell'era fascista". Questa, pero, decorre dal 28 ottobre di ogni anno, anniversario della
marcia su Roma
del 1922; ne consegue che il 25 luglio 1943 era ancora parte del XXI anno dell'era fascista, non del XXII. Tale errore rende dubbia l'autenticita del documento, che e tuttora oggetto di valutazione da parte degli storici.
[52]
La
Villa Reale
a
Villa Ada Savoia
.
Vittorio Emanuele III
Nel prosieguo della nottata, Grandi si reco a
Montecitorio
, dove l'aspettava il duca D'Acquarone. Gli consegno una copia dell'ordine del giorno approvato, debitamente firmato dai granconsiglieri ad esso favorevoli e gli fece il resoconto degli esiti della riunione. Suggeri la persona del generale Caviglia alla guida di un nuovo governo tecnico-politico senza la presenza di alcun membro del partito fascista. Intorno alle cinque del mattino, Acquarone relaziono a Vittorio Emanuele III che fece preparare il decreto che conferiva al maresciallo Pietro Badoglio l'incarico di formare il nuovo governo. Il re lo firmo intorno alle sette di mattina. I generali Ambrosio e Castellano furono incaricati di presentarlo al maresciallo d'Italia che lo accetto nel corso della mattinata, controfirmando l'apposito decreto
[53]
[54]
.
La mattina di domenica 25 luglio, dopo essersi recato regolarmente nel suo studio di Palazzo Venezia per occuparsi degli affari correnti, Mussolini chiese al sovrano di poter anticipare l'abituale colloquio del lunedi. Il re fece sapere a Mussolini che lo avrebbe ricevuto alle 17:00, a
Villa Savoia
(all'epoca residenza privata del sovrano), pregandolo di presentarsi vestito in borghese
[55]
.
Il piano che condusse all'arresto dell'ex capo del Governo fu elaborato dal generale Giuseppe Castellano insieme al generale Giacomo Carboni e con l'assenso del ministro della Real Casa Pietro d'Acquarone. Il Capo di Stato maggiore generale Vittorio Ambrosio, che era stato il principale fautore dell'iniziativa dei militari, era stato preventivamente informato sui dettagli dell'operazione e non pose obiezioni
[56]
. Un'autoambulanza fu introdotta all'interno del grande parco di Villa Savoia, ove erano presenti circa cinquanta carabinieri per l'arresto di Mussolini. Il veicolo era stato scelto per non destare sospetti nell'ormai ex capo del governo e del fascismo sul suo pianificato arresto, ostentando il pretesto di proteggerlo da una reazione popolare che avrebbe potuto porre in pericolo la sua vita.
Il capitano dei carabinieri Paolo Vigneri venne convocato telefonicamente intorno alle ore 14:00 del 25 luglio dal tenente colonnello
Giovanni Frignani
e fu incaricato di eseguire l'arresto insieme al collega capitano
Raffaele Aversa
. Vigneri ricevette termini drastici per la consegna a ogni costo del catturando e, per portare a termine la missione, oltre che di Aversa, si avvalse di tre sottufficiali dei carabinieri (Bertuzzi, Gianfriglia e Zenon), i quali in caso di necessita erano autorizzati a usare le armi. I cinque carabinieri si recarono presso la villa e rimasero in attesa, fuori dall'edificio.
Alle ore 17:00 in punto, Mussolini si reco a Villa Savoia per il colloquio con il re, accompagnato dal segretario Nicola De Cesare, con sotto braccio una cartella che conteneva l'ordine del giorno Grandi, varie carte e la legge di istituzione del Gran consiglio, secondo cui l'organismo aveva solo carattere consultivo.
[57]
Il colloquio tra i due duro circa venti minuti. Il re comunico a Mussolini la sua sostituzione da capo del governo con il maresciallo d'Italia Pietro Badoglio; poi lo accompagno all'uscita della residenza reale, essendo stato messo a conoscenza del piano dei militari nei confronti dell'ormai ex-duce e avendone dato l'approvazione.
Verso le 17:20 Mussolini usci dalla villa e fu affrontato da Vigneri, che in nome del re gli chiese di seguirlo per ≪sottrarlo ad eventuali violenze della folla≫. Ricevuto un diniego, Vigneri prese per un braccio Mussolini ed esegui l'arresto caricandolo sull'ambulanza militare che era gia sul luogo. Mussolini, accompagnato da De Cesare, fu quindi condotto prima nella
Caserma Podgora
di
Trastevere
e dopo alcune ore tradotto nella caserma della
Scuola allievi carabinieri
a
Prati
, in via Legnano.
[58]
Questa la versione di Benito Mussolini, pubblicata postuma sul
Meridiano d'Italia
il 6 aprile 1947:
≪Del re ero sicuro: non avevo motivo di dubitare di lui. Il colloquio, a Villa Savoia, duro circa venti minuti. Si inizio con una mia succinta relazione sulla situazione politico-militare e sull'incontro a Feltre. Vittorio Emanuele, dimostrando vivo interessamento a quanto gli andavo esponendo, domando precisazioni e fece qualche obiezione. Gli parlai, poi, della situazione in Sicilia, della minaccia diretta contro l'Italia meridionale, della seduta del Gran Consiglio, facendogli presente la necessita di agire energicamente per stroncare l'offensiva dei nemici esterni ed interni. Fu allora che il re, infiorando come sua consuetudine le frasi con qualche parola
piemontese
, mi disse che era inutile far progetti per l'avvenire, perche la guerra era ormai da considerarsi irrimediabilmente perduta, che ≪il popolo non la sentiva, che l'Esercito non voleva battersi≫. ≪Specialmente gli alpini non vogliono piu battersi per voi - disse acre, levandosi in piedi. ≪Si batteranno per voi, Maesta!≫ - ribattei. Fu in quel momento che mi accorsi di trovarmi di fronte un uomo col quale ogni ragione era impossibile. ≪Tutto e inutile ormai≫ - soggiunse il re - ≪l'avvenire della Nazione e ora affidato alla Corona. Le mie decisioni sono gia state prese. Nuovo Capo del Governo e il Maresciallo Badoglio e virtualmente e gia entrato in funzione. Sara bene che vi mettiate a sua disposizione≫. Era nel suo pieno diritto licenziare il suo Primo Ministro, ma cio nonostante ero e rimanevo il capo del Fascismo. Questo gli dissi e mi avviai per uscire. Il re mi trattenne: ≪Cercate di starvene tranquillo - soggiunse. - Sul vostro nome sara meglio che non si faccia dello scalpore≫. ≪Se ne e gia fatto abbastanza≫ - risposi. Discendendo la scalinata di Villa Savoia, fui sorpreso di non trovare la mia macchina ad attendermi. Con il pretesto che l'udienza si sarebbe protratta a lungo e che occorreva lasciare libero il piazzale, essa era stata avviata in un viale adiacente. Mi arrestai a meta dello scalone e chiesi al maggiordomo di Casa reale di far avanzare la mia vettura. Nello stesso istante sopraggiungeva una autoambulanza della Croce Rossa. Un colonnello dei Carabinieri, staccandosi da un plotone formato da ufficiali e da militi, mi si avvicino: ≪Eccellenza - mi disse - vi prego di salire nell'autoambulanza≫. Sorpreso, protestai. Il colonnello rispose che quello era l'ordine. ≪Devo proteggere la vostra vita, eccellenza - soggiunse, manifestamente astenendosi di usare il termine duce. - Quindi intendo eseguire l'ordine ricevuto≫. Compresi di essere caduto in una trappola. Ma non c'era nulla da fare. Bisognava inchinarsi davanti alla forza. Salii dunque sull'autoambulanza: lercia, ve lo assicuro. Non vi nascondo che in quel momento malignamente pensai che i traditori intendessero in tal modo offendermi, adeguando secondo loro il contenente al contenuto. Con me salirono il colonnello, due carabinieri in borghese e due in divisa. Tutti armati di fucile mitragliatore. L'autoambulanza parti a strappo e attraverso i quartieri di Roma a tale andatura, che ad un certo momento pregai l'ufficiale di dar l'ordine di moderare la corsa. ≪Qui finiremo con l'investire qualche disgraziato e con lo sfasciarci contro un muro - dissi. Ci arrestammo nel cortile della
caserma Podgora
, dei Carabinieri, in via Quintino Sella. Fui fatto scendere e sostare per circa un'ora, strettamente sorvegliato, nella stanza attigua al corpo di guardia. Alla mia richiesta di spiegazioni, l'ufficiale che mi aveva accompagnato rispose: - E stato necessario prendere delle misure per proteggervi dal furore popolare. Bisognera far perdere le vostre tracce.≫
Festeggiamenti a Milano, il 26 luglio 1943, per la caduta di Mussolini e proclamazione del governo Badoglio
Una targa degli anni trenta in cui sono stati cancellati i simboli e i riferimenti al fascismo (
Vinci
)
La regina Elena ha raccontato in un'intervista del marzo 1950, pubblicata ne
La storia illustrata
del luglio 1983, i venti minuti in cui si consumo l'incontro tra Vittorio Emanuele III e Benito Mussolini, nonche la destituzione e l'arresto di quest'ultimo:
≪Eravamo in giardino. A me non aveva ancora detto nulla. Quando un emozionato Acquarone ci raggiunse, e disse a mio marito: ≪Il generale dei carabinieri desidera, prima dell'arresto di Mussolini, l'autorizzazione di Vostra
Maesta
≫ - Io restai di sasso. Mi venne poi da tremare quando sentii mio marito rispondere: ≪Va bene. Qualcuno deve prendersi la responsabilita. Me l'assumo io≫. Poi sali la scalinata con il generale. Attraversavo l'atrio quando Mussolini arrivo. Ando incontro a mio marito. E mio marito gli disse ≪Caro Duce, l'Italia va in tocchi…≫. Non lo aveva mai chiamato cosi, ma sempre "eccellenza". Io nel frattempo salii al piano superiore, mentre la mia dama di compagnia, la Jaccarino, attardandosi nella saletta era rimasta giu e ormai non poteva piu muoversi. Piu tardi mi riferi tutto. Mi narro che mio marito aveva perso le staffe e si era messo a urlare contro Mussolini, infine gli comunico che lo destituiva e che a suo posto metteva Pietro Badoglio. Quando poi la Jaccarino mi raggiunse, dalla finestra di una sala, vedemmo mio marito tranquillo e sereno, che accompagnava sulla scalinata della villa Mussolini. Il colloquio era durato meno di venti minuti. Mussolini appariva invecchiato di vent'anni. Mio marito gli strinse la mano. L'altro mosse qualche passo nel giardino, ma fu fermato da un ufficiale dei carabinieri seguito da soldati armati. Il dramma si era compiuto. Mi sentivo ribollire. Per poco non sbattei contro mio marito, che rientrava. ≪E fatta≫ disse piano, lui. ≪Se dovevate farlo arrestare≫ gli gridai a piena voce, indignata ≪...questo doveva avvenire fuori casa nostra. Quel che avete fatto non e un gesto da sovrano…≫. Lui ripete ≪Ormai e fatta≫ e cerco di prendermi sotto braccio, ma io mi allontanai di scatto da lui: ≪Non posso accettare un fatto del genere≫ dissi ≪mio padre non lo avrebbe mai fatto≫ poi andai a rinchiudermi nella mia camera.≫
Per tutta la giornata del 25 luglio venne mantenuto uno strettissimo riserbo su quanto accaduto; solo alle 22:45 fu data la notizia della sostituzione del capo del governo. La radio interruppe le trasmissioni per diffondere il seguente comunicato:
[59]
≪Sua Maesta il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di
Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato
di Sua Eccellenza il Cavaliere Benito Mussolini, ed ha nominato Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato, sua Eccellenza il Cavaliere, Maresciallo d'Italia, Pietro Badoglio.≫
Al comunicato il popolo di Roma si riverso nelle piazze e per le strade invocando liberta e pace. Segui la lettura di due proclami da parte del re e di Badoglio: quest'ultimo, per non destare sospetti nei confronti dei tedeschi, finiva con queste parole:
[60]
≪[…] La guerra continua. L'Italia duramente colpita nelle sue Provincie invase, nelle sue citta distrutte, mantiene fede alla parola data, gelosa custode delle sue millenarie tradizioni […]≫